Din Don Dan

Fra-Martino-1Ci sono degli oggetti che uniscono: ci uniscono con il nostro passato ma anche con le culture lontane da noi. Uno di questi oggetti è la campana.

“Stai in campana” diceva mia nonna quando mi voleva mettere in guardia. E poi come posso dimenticare la canzoncina su quel simpatico San Martino campanaro ? Cantavamo con doppi e tripli cori che immancabilemtnte storpiavamo la melodia.

Una mia parente era piena di campane, le collezionava e le teneva tutte esposte sui muri di casa.

Non c’è dubbio la campana ha un fascino particolare a volte anche un significato doloroso come la grandissima campana realizzata a Trento nel 1924 dedicata ai caduti della prrima guerra mondiale. Per realizzarla fu usato il bronzo dei cannoni e fu collocata a Rovereto sul colle di Miravalle.

Campana dei caduti, Rovereto
Campana dei caduti, Rovereto

Forse le campane più belle che mi sono rimaste in testa come legame con il passato e presente furono quelle installate da Yannis Kounellis neil 1993 in una bellissima mostra presso Palazzoo Fabbroni. a Pistoia. In quel caso le campane installate dall’artista  dialogavano con il romanico delle chiese di Pistoia e tornavano alla luce come simbolo delle nostre radici più profonde.

Untitled 2006 Jannis Kounellis born 1936 ARTIST ROOMS  Tate and National Galleries of Scotland. Lent by Anthony d'Offay 2010 http://www.tate.org.uk/art/work/AL00186
Untitled 2006 Jannis Kounellis born 1936 ARTIST ROOMS Tate and National Galleries of Scotland. Lent by Anthony d’Offay 2010 http://www.tate.org.uk/art/work/AL00186

Ho un marito che ha nostalgia delle campane che al mattino lo svegliavano quando viveva in italia, nel centro storico della sua piccola città.

In effetti le campane col loro suono, marcano il nostro vivere, un paesaggio, un territorio. danno spessore spirituale ad un ambiente. In altri luoghi invece hanno un significato diverso, penso  al Tibet dove le campane   sono piccole e il loro suono richiama il concetto di vacuità e si legano  al budismo praticato in quei luoghi.

E infine mi vengono in mente gli artisti Robert Morris e Claudio Parmiggiani: Nell’opera Melancolia II .hanno lasciato in un bosco di bamboo degli oggetti sparsi: una ruota, una colonna, un poliedro, una sfera e assieme una campana di bronzo “elementi che tracciano un percorso nel tempo”.

Robert Morris, Caludio Parmiggiani, Melancolia II
Robert Morris, Caludio Parmiggiani, Melancolia II

Per finire, spesso  è meglio uscire dalla campana di vetro, sconnettersi dal wi-fi e  cantare a più voci din don dan.

Social Street, nuovo modello di Social?

socialstreetItaliaQuando ero piccola darsi una mano fra conoscenti era la norma. Nessuno aveva secondi fini, ma soprattutto nessuno pensava che ce ne potessero essere (credo sia questo il cuore del problema), forse si era un po’ naïf, o forse semplicemente le complicazioni della nostra epoca ancora non ci avevano raggiunto… Dunque non solo fermarsi a parlare nelle scale di casa era normale, ma anche ad esempio chiedere al vicino di farci la spesa, o di fare un’iniezione, o di accogliere i bambini della porta di fianco per qualche ora, o di accompagnare in cortile i propri figli e i figli degli altri fermandosi a parlare con le altre mamme sedute sul muretto, era del tutto normale. Poi piano piano i ritmi della vita sono cambiati, abbiamo tutti iniziato ad andare più veloce, tutti abbiamo imparato a “farci i fatti nostri”, a scapito di quella familiarità che contraddistingueva il tessuto sociale italiano. Siamo arrivati a preferire arrampicarci per le scale piuttosto che prendere l’ascensore con l’anziana vicina del piano di sopra, per non dover parlare, per non dover ascoltare, per poter continuare a “farci i fatti nostri”.

Per innescare una controtendenza positiva ci viene incontro Social Street Italia, la piattaforma digitale il cui obiettivo “primario è quello di socializzare con persone del vicinato per venire incontro a singole necessità quotidiane, aiuto concreto, condivisione di attività, scambio di pareri, opinioni… Non devono esserci finalità di lucro ma solo finalità sociali. Il social street non porta avanti nessuna visione politica, religiosa, ideologica, raggruppa le persone con l’unico criterio della vicinanza fra residenti nell’area”. Gli ideatori di Social Street sono partiti dalla “constatazione dell’impoverimento dei rapporti sociali non solo negli ambiti urbani maggiormente sviluppati ma anche in realtà dove tali rapporti erano di fondamentale importanza nella vita quotidiana. Tale impoverimento ha comportato come conseguenza degrado urbano, mancanza di controllo sociale del territorio, perdita del senso di appartenenza… il “modello Social Street” propone una possibile soluzione partendo dal basso ed esclusivamente per riattivare i legami sociali ricreando rapporti di conoscenza tra le persone che vivono nella stessa strada”.

Il modello coltiva e privilegia “la scelta di concentrarsi su tutto quanto unisce le persone (escludendo ciò che divide), di essere propositivi anche di fronte alle critiche più dure, non accettare l’essere contro senza l’essere costruttivi, l’esclusione di linguaggi non accettabili da tutti  i componenti del gruppo”. Inoltre l'”utilizzo di un territorio specifico definito come elemento aggregante ha comportato anche la destrutturazione di tutte le altre categorie in cui le persone si riconoscevano dividendosi per gruppi di appartenenza (classi sociali, interessi, età, appartenenze politiche, provenienza)” e facilitando in tal modo il contatto.

“Social street parte dall’esperienza di Via Fondazza a Bologna. L’ideatore del gruppo, Federico Bastiani, aveva un unico obiettivo: far socializzare i vicini di casa al fine di acquisire fiducia reciproca. Alla base del funzionamento del social street sta proprio la costruzione di questo rapporto. Risiedendo in Via Fondazza da ormai quattro anni, si era reso conto che il contatto con gli abitanti della strada non andava mai oltre il “buongiorno” (nei migliori dei casi) eppure vedeva le stesse persone tutti i giorni. Federico ha cosi deciso, senza alcun investimento (creazione di un sito, app geolocalizzanti etc) di utilizzare lo strumento che ormai la maggioranza delle persone utilizza, Facebook. Ha creato quindi un gruppo chiuso “residenti in via fondazza” e battezzato amichevolmente i suoi residenti “fondazziani”. Scopo del gruppo è innanzitutto scambiarsi e condividere informazioni utili per tutti e soprattutto condividere la propria esperienza per metterla al servizio degli altri.

Utopia? Beh non resta che provarci.