Ci sono degli oggetti che uniscono: ci uniscono con il nostro passato ma anche con le culture lontane da noi. Uno di questi oggetti è la campana.
“Stai in campana” diceva mia nonna quando mi voleva mettere in guardia. E poi come posso dimenticare la canzoncina su quel simpatico San Martino campanaro ? Cantavamo con doppi e tripli cori che immancabilemtnte storpiavamo la melodia.
Una mia parente era piena di campane, le collezionava e le teneva tutte esposte sui muri di casa.
Non c’è dubbio la campana ha un fascino particolare a volte anche un significato doloroso come la grandissima campana realizzata a Trento nel 1924 dedicata ai caduti della prrima guerra mondiale. Per realizzarla fu usato il bronzo dei cannoni e fu collocata a Rovereto sul colle di Miravalle.

Forse le campane più belle che mi sono rimaste in testa come legame con il passato e presente furono quelle installate da Yannis Kounellis neil 1993 in una bellissima mostra presso Palazzoo Fabbroni. a Pistoia. In quel caso le campane installate dall’artista dialogavano con il romanico delle chiese di Pistoia e tornavano alla luce come simbolo delle nostre radici più profonde.

Ho un marito che ha nostalgia delle campane che al mattino lo svegliavano quando viveva in italia, nel centro storico della sua piccola città.
In effetti le campane col loro suono, marcano il nostro vivere, un paesaggio, un territorio. danno spessore spirituale ad un ambiente. In altri luoghi invece hanno un significato diverso, penso al Tibet dove le campane sono piccole e il loro suono richiama il concetto di vacuità e si legano al budismo praticato in quei luoghi.
E infine mi vengono in mente gli artisti Robert Morris e Claudio Parmiggiani: Nell’opera Melancolia II .hanno lasciato in un bosco di bamboo degli oggetti sparsi: una ruota, una colonna, un poliedro, una sfera e assieme una campana di bronzo “elementi che tracciano un percorso nel tempo”.

Per finire, spesso è meglio uscire dalla campana di vetro, sconnettersi dal wi-fi e cantare a più voci din don dan.