Per i viaggiatori in cerca di storie:la città diario di Pieve Santo Stefano

Se si pensa alla forma narrativa più consona al viaggiatore viene subito in mente di pensare al diario.  Pensiamo ai diari del Grand Tour scritti dai ricchi e giovani aristocratici che, dal XVII secolo, girano per la Francia, l’Italia e la Grecia, nell’intento di entrare in contatto con la cultura e l’arte di quei paesi. Dal 1786, per due anni, Johann Wolfang von Goethe viaggiò per l’Italia e i suoi appunti di diario divennero, successivamente la base per il suo romanzo epistolare, Italienische Reise (Viaggio in Italia).

Il diario è la memoria di ciò che è stato e di come lo abbiamo vissuto, è qualcosa di intimo: due occhi che hanno visto e che raccontano filtrando la realtà attraverso le proprie emozioni. I diari sono utili agli storici ma anche ai poeti. Ecco perché i diari sono un tesoro dell’umanità. E questo lo aveva ben chiaro il giornalista e scrittore Saverio Tutino fin da quando, nel 1984, propose all’allora sindaco di Pieve Santo Stefano di fondare nella città il primo archivio dei diari, per trasformare la cittadina toscana in un centro di raccolta della memoria italiana. Così è stato e Pieve Santo Stefano, da quell’anno, si è trasformata nella “città del Diario”: una banca della memoria  per la conservazione di testimonianze biografiche. Dall’archivio è  nato, fin da subito, il  Premio Pieve, un premio nazionale per diari inediti. Tra gli intellettuali che fin dal principio si appassionarono al progetto della Pieve, c’era Natalia Ginzburg che seguì il premio e firmò anche alcune prefazioni dei libri editi dall’Archivio.

Nel 1998 è nata anche una rivista semestrale, intitolata Primapersona. L’archivio successivamente viene messo su internet all’indirizzo www.archiviodiari.net.

Tra i diari più citati rimane quello spedito alla città il 1986 da Clelia Marchi, una contadina di Poggiorusco (Mantova) che in una notte ha deciso di cominciare a scrivere tutta la sua vita su un lenzuolo matrimoniale. Si trattava del lenzuolo della dote che, oggi, morto l’amato marito Anteo, non le serve più: “care persone fatene tesoro, di questo lenzuolo, che c’è un poco della vita mia; è mio marito; Clelia Marchi (anni72) ha scritto la storia della gente della sua terra, riempiendo un lenzuolo di scritte,dai lavori agricoli, agli affetti (…)” . Oggi si può leggere quel lenzuolo visitando l’Archivio  nel Palazzo Pretorio di quella curiosa cittadina.

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Autore: italianintransito

Storica per amore dei fatti, accanita lettrice per passione, scrittrice a tempo perso. Il blog è una finestra sul mondo, un modo per far sentire la propria voce da un luogo non lontano geograficamente, ma distante anni luce dal mio passato. Condivido ciò che scopro e ciò che so cercando di non perdere mai l'entusiasmo per quello che vedo.

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