Il più forte vince sempre, purtroppo

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Cosa rende i bambini oggetto di scherno e di sopraffazione da parte degli adulti? Il fatto che la vita è un continuo braccio ferro e i bambini, quando devono affrontare gli adulti, ne escono sempre sconfitti. In fondo, da sempre  il più forte ha vita facile contro il più debole. Basta pensare al bambino di 3 anni, Nicola trovato morto nella macchina carbonizzato in provincia di Cosenza. Tanti adulti attorno a  lui, i genitori che non ce l’hanno fatta, gli specialisti pagati dallo stato per proteggere i minori, gli assistenti sociali che hanno fallito e non sono stati capaci di trovare per il piccolo una sistemazione sicura in affidamento, per proteggerlo da una vita scellerata.

A questo riflettevo, mentre camminavo per Ginevra. Così quando mi sono imbattuta su una pubblicità spiazzante mi sono sentita schiaffeggiata dalla bestialità e dalla stupidità del nostro tempo. A dire il vero quella pubblicità neanche l’ho capita tanto, ma mi sembrava comunque di cattivo gusto. È stata ideata per uno dei maggiori centri commerciali della Svizzera e serve ad avvertire i consumatori dell’arrivo della stagione dei saldi, (ormai attesa come uno dei momenti forti del calendario, quasi fosse il Natale, la Pasqua o il 1 maggio). Nei manifesti sparsi per la città, si trova la foto di un bambino o di una bambina che piange, con le lacrime bene in vista: il piccolo – si legge a lettere cubitali – chiede alla madre di non lasciarlo solo.  Mi sono detta: ma qual’ è la relazione con la pubblicità dei saldi? Piange perché ha perso la mamma nel centro commerciale? È una “pubblicità progresso” che invita i genitori alla responsabilità? Niente di tutto questo, mi è stato spiegato che quella era solo un’immagine ironica il cui senso era: il centro commerciale ha cose così attrattive che le madri (e qui tralasciamo lo stereotipo scadente della donna matta per lo shopping) arrivano addirittura a dimenticare i propri figli. Ma questo è l’incubo delle fiabe e i bambini sono trattati in questa pubblicità come tanti Hansel e Gretel accompagnati nel bosco e poi abbandonati. Le fiabe, si sa, servono per scavare, portare alla luce le  paura e incoraggiare i bambini a liberarsene. Ma quella grande immagine nella città a che serve? E se un bambino la vede sui muri della città cosa deve provare? Paura? Sgomento?

Non vi allarmate, la voce e lo sdegno dei bambini che vedono quella pubblicità non avrà mai la forza di imporsi; è una questione di forze: la loro voce è troppo debole rispetto alla nostra di adulti. Ma proprio noi adulti come reagiamo?  La verità è che spesso non abbiamo nemmeno tempo per riflettere; guardiamo quella bella bambina con i boccoli , coi suoi bei lacrimoni, ci lasciamo strappare un sorriso distratto e poi via di corsa a comprare.

unicef

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La tela del ragno

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Ieri sul tram a Ginevra due bambini di due o al massimo tre anni, un bambino e una bambina di due mamme diverse,  stavano seduti vicini, tutti imbacuccati per il freddo con cappello e giubbotto, ognuno sul proprio carrozzino. La bambina più di una volta si è girata per studiare il compagno di viaggio alla sua altezza di seduta, lui invece era altrove con la testa, impassibile, teneva il ciuccio in bocca senza mostrare alcun interesse. Dopo poco lei, sentendosi al sicuro, si è occupata di altro e ha tirato fuori da dentro la manica un grande cioccolatino a forma di ombrellino; non lo ha aperto, ha cominciato a dondolarlo tra le mani come un trofeo.  Arrivata alla fermata, la mamma ha fatto scendere il passeggino con la bimba e se ne è andata, ma guardo bene, e la bambina ancora una volta si gira per cercare lo sguardo del bambino. In quel breve tragitto la bambina ha pensato e fatto un sacco di cose, legata nel suo carretto come un fagotto; tutto il suo corpo e la sua testa erano in un movimento silenzioso.

Ho pensato c’è una vita parallela dei bambini, loro fanno esperienze continue portano avanti le loro scoperte e molto di quello che fanno resta celato agli occhi degli adulti.  Lavoro come assistente di sostegno, per qualche ora, in una scuola, e oggi a un bambino di cinque anni, che non avevo mai visto, dopo un mio apprezzamento per il suo caldo cappello di lana, si è acceso l’interesse. Con grande foga ed entusiasmo si è messo a raccontarmi quanto fosse orgoglioso del suo copricapo: il cappello lo aveva fatto la mamma, di lana pesante uno per lui  uno per suo fratello, peccato però mentre mi raccontava questo la maestra lo  ha chiamato per rientrare in classe. Lui non si è ribellato mi ha detto tutto in un fiato ed è corso via. Ho pensato: che fatica, i bambini sono come ragnetti che filano una tela costruita giorno giorno, imparano da ciò che vedono e da ciò che sperimentano. Tutte le loro intuizioni, relazioni e sensazioni sono la trama di un opera bellissima, che noi adulti simili ad aspirapolveri provvediamo ogni volta a pulire e sterilizzare, convinti di far sempre la cosa giusta.