Social shopping: attrazione fatale?

Siamo “shopaholic” e affetti da un bisogno compulsivo di fare acquisti? Non riusciamo a trattenerci neanche davanti al computer? La nostra carta di credito scotta?

In quanti ci siamo iscritti a gruppi d’acquisto via Internet? E in quanti abbiamo creduto di poter concludere realmente buoni affari, pagando una cena, un trattamento estetico, un soggiorno termale o una messa in piega il 60/70 % in meno rispetto al valore di mercato (soprattutto qui in Svizzera romanda)?

Innanzitutto per chi non sa di cosa stiamo parlando ecco brevemente di che si tratta.

Esistono siti web che vendono coupons online a prezzi strepitosi. Veri e propri “gruppi di acquisto”, essi si basano su un semplicissimo principio: più gente compra un bene o un servizio, meno questo bene o servizio viene a costare.

Le offerte sono divise per città e, affinché esse possano “realizzarsi”, devono essere sottoscritte da un numero minimo di persone, se tale condizione non si realizza, i responsabili dei siti si impegnano, con varie modalità, a restituire le somme versate.

Il giro é miliardario, e apparentemente tutti ne traggono profitto: gli utenti, che beneficiano di sconti inimmaginabili; le ditte che offrono i coupons che godono di una enorme visibilità e possono farsi notevole pubblicità; i network, che, naturalmente, si occupano di vendere i coupons, guadagnando in percentuale.

Da qualche tempo però i siti di “social shopping” subiscono pressioni e proteste da parte di utenti scontenti e delusi.

Su Facebook nascono sempre più di frequente gruppi che raccolgono testimonianze e lagnanze. La lista dei disservizi più frequenti è lunga: rimborsi difficili, ritardi nella fornitura, scarsa assistenza alla clientela, mancanza di qualità di chi offre i servizi o ancora peggio, per i possessori di coupons, trattamenti con standard inferiori rispetto ai clienti paganti.

In Italia dove, non è una novità, i problemi sono sempre un po’ più gravi, addirittura gruppi di consumatori hanno dato vita a “class actions” che a gran voce chiedono “vendetta”. La notizia recente, è che per evitare il peggio, si sta procedendo velocemente verso la firma di un codice etico con regole chiare che metta al riparo i consumatori dalle cosiddette “fregature”.

Anche qui in Romandia esiste un mondo sommerso di scontenti…

Se sei un “social shopping dipendente” condividi con noi la tua esperienza (positiva o negativa) per aiutarci a capire se… ne vale davvero la pena!