Il curry … questo conosciuto!

Tutta colpa della Compagnia delle Indie se il curry è arrivato direttamente sulle nostre tavole. Infatti i funzionari della Compagnia ritornavano a casa portando con sé non solo servitù delle Indie appunto, ma anche le nuove spezie e i nuovi sapori che questo personale ha incominciato a introdurre in Occidente. Curiosità per questi cibi esotici, effettiva bontà rispetto ai sapori decisamente mediocri della cucina inglese ed ecco che il gioco è fatto. L’amore per il curry fin dal ‘700 è esploso, dapprima solo nel Regno Unito e in seguito un po’ dappertutto. Ultimi noi italiani che di sapori, fin dalla notte dei tempi, ne conosciamo e ne utilizziamo davvero tanti!

Ritornando al curry, non tutti sanno che in realtà si tratta di una miscela di spezie diverse, la cui ricetta cambia non solo da regione a regione ma addirittura da famiglia a famiglia. La spezia che dona il colore giallo oro alla mistura è la curcuma, che ha proprietà sorprendenti per il nostro fisico. Infatti la curcuma aiuta a contrastare l’insorgere della leucemia e di ben otto tipi di tumore (colon, prostata, bocca, polmoni, fegato, pelle, reni e mammella); ha qualità antiossidanti, proprietà cicatrizzanti e contrasta influenza e dolori articolari, insomma un toccasana.

La formulazione classica (quella indiana) del curry comprende oltre alla curcuma, cumino, pepe nero, cannella, chiodi di garofano, cardamomo, zenzero, zafferano, noce oscata e fieno greco (liberi di esercitarvi a farlo da voi). Esistono tre gradazioni di curry a seconda di quanto e quale tipo di peperoncino contenga: mild (blando e accettabile al nostro palato), hot (piccante e consigliato a chi vuole avere una sferzata di energia), very hot (consigliato solo ai più audaci).

Di ricette con questa magica polvere ce e sono a bizzeffe, ma se siete neofiti, quella che vi darà più piacere (perché è realmente impossibile sbagliarla) e l’ormai classicissimo pollo al curry, alla moda di casa mia.

Vi serviranno due petti di pollo interi da tagliare a cubetti (la grandezza dei cubetti dipenderà dal vostro gusto, io preferisco cubetti piccoli).

In una padella fate rosolare una cipolla tagliata sottile con un po’ di olio di oliva aggiungete la povere di curry che trovate in commercio (attenti nell’acquisto alla gradazione di piccante) e fate cuocere i cubetti di pollo eventualmente aggiungendo un goccio (ma solo un goccio) di acqua. A questo punto io aggiungo lo yogurt al naturale che sostituisce sia la grassissima crema acidulata sia l’altrettanto grassissimo olio di cocco (che se gradite dona comunque un ulteriore gusto esotico al piatto, ma non è necessario) ed ecco in poche mosse e soprattutto in 10 minuti un ottimo pollo al curry da servire con riso basmati bollito con una salsina cremosa e succulenta.

Dolce e piccante, confettura di peperoncini

foto (31)Nei paesi caldi nell’alimentazione si fa un grande uso di spezie, cosa che rende le pietanze particolarmente saporite e piccanti. La cosa mi ha sempre stupito, in effetti proprio in questi paesi non ci sarebbe alcun bisogno di cibi che aumentano la sudorazione, e la curiosità mi ha spinto a fare una breve ricerca per comprendere se si trattasse di una semplice questione di gusti o se la ragione fosse un po’ più complessa.

Secondo uno studio della Cornell University, pare, infatti, che l’usanza di utilizzare più spezie in cucina sia da spiegare in termini evoluzionistici. Mi spiego. In quei paesi dove le spezie sono regine i soggetti si sarebbero assuefatti ad esse perché nel tempo, i progenitori che ne facevano un uso abbondante, sono sopravvissuti meglio di chi non le utilizzava affatto. E il motivo di questa particolare resistenza risiede nella capacità delle spezie di difendere non solo il cibo, ma anche chi lo mangia dall’attacco di microorganismi infettivi e potenzialmente letali.

Le spezie più spesso utilizzate in questi paesi sono origano, aglio e cipolla che con le loro proprietà riescono a debellare la maggior parte dei batteri, seguiti da cumino, timo, cannella e dragoncello (che eliminano l’80 % degli insidiosi ospiti). Con il 75% per cento di successo sui microorganismi si piazzano il peperoncino e il pepe, infine con il 25% il succo di limone, zenzero, anice ecc.

Se tutto ciò è vero, come sembra, pensate quanto possono essere terribilmente mortali contro i microorganismi dannosi (e di conseguenza utili all’uomo) il masala o il curry, largamente utilizzati ad esempio in India, che non sono altro che un cocktail di diverse spezie!

Detto ciò, l’estate sta arrivando, il caldo incombe, il piccantino ci chiama!

E allora una ricetta per una inconsueta confettura (da qualche parte ho letto che il termine “marmellata” si può usare solo per la frutta!) di peperoncini piccanti che si potrà gustare con la ricotta o altri formaggi morbidi o semplicemente spalmandone un velo (solo un velo però!) sul pane o sui crakers.

800 g di peperoni rossi

200 g di peperoncini piccanti

500 g di zucchero

1/2 litro di vino (con il rosso più robusta e scura, con il bianco piu colorata e delicata… ma sempre “strong”)

un pizzico di sale

Procedete come se si trattasse di una marmellata di frutta. Tagliate a dadini gli ingredienti (con i guanti per carità!) uniteli in una casseruola e aspettate che cuociano per un’ora a fuoco dolce. Togliete dal fuoco e passate i peperoni al passaverdura (io in verità ho usato il frullatore ad immersione triturando anche le bucce, ma i puristi potrebbero obiettare!). Rimettete sul fuoco per un’altra mezz’ora. La consistenza deve essere quella delle marmellate di frutta. La dose serve a riempire 4 vasetti da 200 grammi. Chiudete sterilizzate in modo che i vasetti siano chiusi sotto vuoto ed è fatta. Che soddisfazione!

Grazie a Patrizia che ci ha fatto venire l’idea!