Ed eccoci a febbraio mese corto ma pieno di momenti di cui non mancheremo di sentir parlare: tempo di carnevale, di elezioni, del festival di Sanremo e di San Valentino.
Con qualche giorno in anticipo, vorrei dedicarmi all’amore e quindi a San Valentino. Non che questa festa dica molto alle persone della mia età, la generazione degli ultraquarantenni. San Valentino rimane un’imposizione senza storia, che non riesce veramente a mettere radici: per me rimane la sorella di Halloween e alla fine si riduce in una proposta commerciale. E che proposta: avete mai visto tutti quei cuori rossi di peluche, quegli adesivi, quelle rose e quei profumi, quei pizzi e merletti con frasi e ammiccamenti? È una fiera del cattivo gusto, altro che un momento dedicato alle coppie.
Esatto! Come la sorella cattiva (Halloween), la festa di San Valentino non ci appartiene! Il colmo del kitch quest’anno è stato stato raggiunto da una nota marca di intimo che ha messo in vetrina un cuore in pizzo nero il cui centro palpita come un cuore vero… l’effetto, vi assicuro, è fra il ridicolo e l’inquietante
A me resta comunque un debole per le storie d’amore e questa, di cui vi parlo oggi, l’ho trovata su La Stampa, in questi giorni. La vicenda era stata riportata antecedentemente dal Times e tratta di una storia che si è svolta nel Galles del XIX secolo. Siamo dentro un castello, il castello di Penryn, nei pressi di Bangor. Ci viveva un nobilotto, ricco industriale e deputato del partito conservatore. Racconta una leggenda locale che, quando vene a sapere dell’amore sbocciato fra la figlia – Alice – e un giardiniere, andò su tutte le furie e rinchiuse la fanciulla nella torre del castello. Ebbene, dentro quella che doveva essere la camera di Lady Alice resta, dalla sua epoca, un’iscrizione che nessuno aveva mai decifrato, ritenendola una specie di rompicapo in latino. Dico aveva perché in questi giorni è passata dal castello una signora italiana, funzionaria del National Trust, che sa di lirica. Appena vista la frase ha esclamato: ma è la Traviata! Niente latino, infatti: si tratta di una frase, in italiano, presa dalla celebre opera di Verdi. “Essere amata amando”, aveva inciso, probabilmente, la sfortunata Alice usando le parole della povera Violetta innamorata di Alfredo.
Si, belle le storie di amore, quell’amore eterno, sincero, granitico che tutto affronta. Quelle che hanno un po’ sapore antico che é consolatorio leggere e rileggere a dispetto di tutte le sfumature di grigio contemporanee.
Niente di più facile da credere: ancora una volta l’arte con il suo potere universale ha superato i confini geografici e linguistici per dare voce a un sentimento.
Propongo di cambiare la festa di San Valentino: non più festa degli innamorati, ma festa per tutti coloro che amano ascoltare delle belle storie d’amore.