L’ora più buia

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Che film! L’ora più buia.

E’ il 1940, la Germania ha invaso il Belgio e la Francia, i carri tedeschi avanzano su Parigi. L’esercito francese e il corpo di spedizione inglese, inviato in suo soccorso, si squagliano come neve al sole. Gli inglesi si ritrovano circondati in due sacche, a Calais e a Dunquerque: davanti e sui lati i tedeschi, alle spalle il canale della Manica. In una di queste due sacche, Dunquerque, si trovano 300,000 soldati inglesi, praticamente tutto l’esercito utile per difendere l’Inghilterra. Se presi, non si sa come fermare l’invasione di Hitler. Winston Churchill è appena stato eletto primo ministro. Il re e un certo establishment non hanno gran fiducia in lui: politico di lungo corso, Winston aveva accumulato anche delle sonore sconfitte, nella sua carriera. Molti pensano a trattare una resa, per evitare il peggio alla Gran Bretagna. La flotta inglese è dispersa nel mondo, a difendere un impero ancora sterminato. L’aviazione è in via di rafforzamento ma ancora debole. Come tirare fuori l’esercito da Dunquerque? Sembra impossibile. Eppure Churchill, già vecchio, quasi solo se non per la compagnia severa della moglie Clementine, decide di resistere e fa due cose: chiede a ogni proprietario di barche da diporto di rendersi a Dunquerque per riportare qualche soldato a casa (riportarono l’esercito intero) e galvanizza l’Inghilterra con un discorso infuocato alla Camera dei Comuni: combattere ovunque e con ogni mezzo, a costo di qualsiasi sacrificio; unico obiettivo: la vittoria.

Grazie a quel testardo signore, uno scaltro politico, talvolta opportunista, che beveva come una spugna, fumava sigari come una ciminiera (sin dall’ora della colazione: uno si immagina che ambiente appestato fosse il suo ufficio), era facile all’ira, credeva nell’impero inglese quando esso stava per uscire dalla storia, dipingeva a livello amatoriale, e che scriveva e parlava magnificamente, tanto da toccare i cuori, la barbarie nazista fu sconfitta una volta per tutte. Fu lui che seppe resistere quando ciò sembrava folle. Aveva compreso la reale natura del nazismo, vera manifestazione del male nella storia, e non si rassegnò a lasciargli via libera. Peccato che noi italiani, in quella lotta, fossimo alla parte sbagliata: squallidi scherani, impegnati in alalà latrati al vento.

Un film da non perdere.

Architetture inumane

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E’ curioso leggere l’articolo apparso su House &Home, uno dei supplementi del Financial Times, il fine settimana. E’ dedicato a quelle architetture nel mondo che si possono anche descrivere usando l’aggettivo “inumane”. L’articolo ne sceglie nove e tra esse, ahimè, c’è anche il nostro MAXXI, Il museo d’arte contemporanea di Roma, disegnato dall’architetta Zaha Hadid, inaugurato nel 2009 dopo dieci anni di lavori. Il problema è che non si riesce a dar torto all’articolo: il museo è da capogiro, non ci sono stanze e non si è operata nessuna distinzione tra gallerie e corridoi. L’effetto del MAXXI è spiazzante: non si riesce a seguire un filo conduttore e molte volte anche le opere vengono sminuite dagli ampi spazi aperti. In sua difesa, pero’, potrebbero correre tutti quei curatori e studiosi che credono nella necessità di confondere il visitatore, allontanandolo dal percorso abituale di un museo tradizionale. Uno di questi, ad esempio, è il direttore del museo Mamco di Ginevra dove – non per motivi legati all’architettura, ma per sua precisa scelta curatoriale – è stato allestito un percorso fatto di ambienti molto diversi tra loro, che non si fondono con coerenza perché pensati per spiazzare il visitatore.

L’articolo del Financial Time prosegue con altri otto edifici che qui di seguito vi elenco:
-J.Edgar Hoover Building a Washington DC (la sede del FBI);
-Nehru Place, New Delhi costruito negli anni Settanta;
-European Parliament di Strasburgo, inaugurato nel 1999;
-The Mogamma Cairo costruito a fine anni Quaranta;
-The national Palace of Culture, di Sofia, Anni Settanta;
– La stazione di Shinjuku, Tokyo;
-The Barbican, a Londra, inaugurato nel 1969;
-La Grande Hall of the People, a Pechino, costruita negli anni Cinquanta.JR-East-Shinjuku-Station-South

Come vedete, nella lista, si trova di tutto: musei, stazioni, sedi del parlamento o centri commerciali. L’articolo comincia con un battuta di Winston Churchill riportata dallo scrittore Kate Allen : “Noi diamo forma ai nostri edifici e dopo gli edifici formano noi”. Una battuta, certamente, ma tanto vera da fare pensare: sono sicura che ognuno di noi ha subito, nell’ambiente in cui è cresciuto, il fascino o semplicemente la presenza a volte un po’ troppo ingombrante, di un qualche edificio.