Milano e il design

Che il Salone del Mobile.Milano fosse diventato un appuntamento internazionale  non solo di design innovativo e proposte d’arredo ma d’arte tout court è lampante nelle ultime edizioni.

Quest’anno il salone compie 55 anni e decisamente non li dimostra, perché si presenta come sempre all’insegna dell’innovazione e dell’internazionalità. I numeri parlano chiaro il 30% delle aziendedownload presenti in fiera è straniero, 1300 espositori su 150.000 metri quadrati. Tutto, ma proprio tutto, ciò che l’arredamento offre con il ritorno delle biennali EuroCucina con l’evento collaterale FTK (Technology For the Kitchen) e il Salone Internazionale del Bagno.

Accanto al Salone naturalmente anche quest’anno si affianca il Salone Satellite, che merita di essere menzionato. Creato nel 1998 come atto di fiducia nelle potenzialità creative degli under 35 è decisamente il primo evento ad aver dedicato particolare attenzione ai giovani diventando subito il luogo di incontro per eccellenza tra imprenditori-talent scout e i più promettenti progettisti. Anche qui i numeri parlano chiaro, infatti molti dei prototipi presentati nelle 18 edizioni precedenti sono stati messi in produzione e molti degli oltre 10.000 designer che vi hanno partecipato, introdotti dalle 270 scuole di design internazionale, sono ora nomi importanti. Quest’anno il tema è “Nuovi materiali, nuovo design/New Materials, New Design” e i partecipanti al SaloneSatellite Award sono stati invitati a produrre con nuovi materiali e nuovi design oggetti attinenti alle due biennali di contorno al Salone 2016 (Cucina e Bagni).

Il Salone del Mobile.Milano è protagonista alla XXI Triennale di Milano con una mostra che accompagnerà la città fino al 12 settembre: Stanze. Altre filosofie dell’abitare: alla scoperta dei progetti. Una mostra sull’architettura degli interni, palestra fondamentale per la messa a punto di un originale linguaggio architettonico, con 11 autori differenti per generazione, linguaggio e approccio progettuale, invitati ognuno a immaginare una “stanza” come spazio primario per l’abitare. Qui sono presentati progetti sperimentali dove anche gli elementi di arredo erano espressamente immaginati per i committenti privati e per le loro case, e solo successivamente sviluppati come oggetti di produzione per i cataloghi delle aziende di qualità: l’architettura degli interni, quindi, anche come “Design before design”. In mostra le “stanze” di Andrea Anastasio, Manolo De Giorgi, Duilio Forte, Marta Laudani e Marco Romanelli, Claudio Lazzarini e Carl Pickering, Francesco Librizzi, Alessandro Mendini, Fabio Novembre, Carlo Ratti, Umberto Riva, Elisabetta Terragni.

stanze-salone-del-mobile-wow-webmagazineUltima chicca che offre il Salone è l’omaggio reso a Zaha Hadid che nel 2014 aveva aperto le porte della sua casa londinese al Salone nell’ambito della mostra Dove vivono gli architetti. Un ricordo dovuto per una grande protagonista della nostra epoca.

 

Architetture inumane

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E’ curioso leggere l’articolo apparso su House &Home, uno dei supplementi del Financial Times, il fine settimana. E’ dedicato a quelle architetture nel mondo che si possono anche descrivere usando l’aggettivo “inumane”. L’articolo ne sceglie nove e tra esse, ahimè, c’è anche il nostro MAXXI, Il museo d’arte contemporanea di Roma, disegnato dall’architetta Zaha Hadid, inaugurato nel 2009 dopo dieci anni di lavori. Il problema è che non si riesce a dar torto all’articolo: il museo è da capogiro, non ci sono stanze e non si è operata nessuna distinzione tra gallerie e corridoi. L’effetto del MAXXI è spiazzante: non si riesce a seguire un filo conduttore e molte volte anche le opere vengono sminuite dagli ampi spazi aperti. In sua difesa, pero’, potrebbero correre tutti quei curatori e studiosi che credono nella necessità di confondere il visitatore, allontanandolo dal percorso abituale di un museo tradizionale. Uno di questi, ad esempio, è il direttore del museo Mamco di Ginevra dove – non per motivi legati all’architettura, ma per sua precisa scelta curatoriale – è stato allestito un percorso fatto di ambienti molto diversi tra loro, che non si fondono con coerenza perché pensati per spiazzare il visitatore.

L’articolo del Financial Time prosegue con altri otto edifici che qui di seguito vi elenco:
-J.Edgar Hoover Building a Washington DC (la sede del FBI);
-Nehru Place, New Delhi costruito negli anni Settanta;
-European Parliament di Strasburgo, inaugurato nel 1999;
-The Mogamma Cairo costruito a fine anni Quaranta;
-The national Palace of Culture, di Sofia, Anni Settanta;
– La stazione di Shinjuku, Tokyo;
-The Barbican, a Londra, inaugurato nel 1969;
-La Grande Hall of the People, a Pechino, costruita negli anni Cinquanta.JR-East-Shinjuku-Station-South

Come vedete, nella lista, si trova di tutto: musei, stazioni, sedi del parlamento o centri commerciali. L’articolo comincia con un battuta di Winston Churchill riportata dallo scrittore Kate Allen : “Noi diamo forma ai nostri edifici e dopo gli edifici formano noi”. Una battuta, certamente, ma tanto vera da fare pensare: sono sicura che ognuno di noi ha subito, nell’ambiente in cui è cresciuto, il fascino o semplicemente la presenza a volte un po’ troppo ingombrante, di un qualche edificio.