
Leonardo nel 1516 lascia l’Italia per la Francia per andare a lavorare alla corte di Francesco I, con se porta alcuni dipinti tra cui La gioconda che, dopo la sua morte (1519), entra ufficialmente nelle collezioni del re di Francia. Il dipinto riscuote da subito amplissima attenzione e, nel corso dei secoli, diventa forse l’opera d’arte più famosa del mondo.
E’ giusto fermare gli artisti alle frontiere? Possiamo impedir loro di muoversi liberamente? Cosa tolgono le frontiere al mondo? “ Ringrazio il destino per avermi condotto sulle rive del Mediteraneo” diceva Marc Chagall, nel 1950, quando si stabiliva definitivamente a Vence in Costa Azzurra. Lo stesso stupore felice doveva aver provato Picasso che, sempre in quegli anni, scopriva la passione per la ceramica, lavorando a Valluris. E cosa pensare delle migrazione di artisti europei in America, tra le due guerre? Saranno loro a produrre la base per l’arte americana del dopoguerra. Tra gli artisti viaggiatori penso all’artista Alighiero Boetti che, nei primi anni Settanta, si recò più volte in Afghanistan creando le famose Mappe di cui qui sotto vedete un’immagine.

Il desiderio di muoversi degli artisti sembra aver suscitato anche l’interesse della Tate Britain, che ha inaugurato da poco a Londra la mostra Migrations: Journeys into British Art. In questa esposizione si è tentato di coprire l’arte a partire dai secoli XVI-XVII, per giungere sino ai nostri giorni, tracciando una mappa di tutti quegli artisti non inglesi che hanno risieduto in Inghilterra e hanno contribuito alla scena artistica del paese. La mostra parte da Van Dyck, passando per l’arte di Whisler, e poi di Mondrian, per arrivare ad artisti contemporanei come la belga Francis Alys che, lasciata l’Inghilterra, attualmente vive e lavora a Messico City.