La nostra (quella più vicino ai “cinquanta”) è una generazione strana. Siamo quelli che hanno consumato di più, fabbricato di più, viaggiato di più, goduto di più… e non c’è mai bastato, non ci siamo mai accontentati e non ci accontentiamo neppure ora che il nostro mondo sembra fare acqua (anzi no, l’acqua scarseggia!) dappertutto. Le nostre convinzioni più radicate vacillano eppure non ci fermiamo, proiettati (lietamente) verso il baratro. Abbiamo scansato di pochissimo gli anni della contestazione e dell’impegno civile e abbiamo vissuto un lungo periodo di eccezionale prosperità economica, eccezionale vivacità intellettuale e politica, tecnologico ai massimi livelli, decadente e creativo allo stesso tempo. Gli anni di Steve Jobs, di papa Woytila, dei Queen e di Lady Diana insomma non ci possiamo proprio lamentare. Eppure… eppure c’è una cosa che davvero non siamo capaci di accettare: l’ineluttabilità del tempo che passa. Il tempo che scorre, e che non é galantuomo, cerchiamo di fermarlo chi scaramanticamente vivendo la vita dei figli, chi continuando a rimanere legato a cliché uguali a quelli della giovinezza.
– Quante volte ad esempio ci siamo sostituiti ai figli nelle loro scelte, mascherando da consigli quelli che più propriamente erano “nostri” e solo nostri desideri. Quante volte li abbiamo manipolati senza neppure rendercene conto cercando di plasmarli a nostra immagine e somiglianza (e che cos’è questo se non un tentativo di perpetuare all’infinito se stessi?). Atteggiamenti che traduciamo nell’incapacità di “lasciarli andare”.
–In fondo sono il nostro specchio e tramite loro continuiamo a sentirci giovani e belli un po’ come la matrigna di Biancaneve che ogni giorno la rassicurava sul primato della sua bellezza.
-…e che dire dei “forever young”, i più pervicaci e quelli più a rischio del ridicolo. Quelli legati ad una propria immagine del passato (snelli, naif, atletici o rivoluzionari che dir si voglia) inevitabilmente sbiadita e imbolsita.
–Anch’io credo che il gusto e il senso della vita non si trovi lì, quel genere di vecchio va “rottamato”. Io penso ad un altro tipo di vecchio, quello che negli anni ha trovato un giusto equilibrio con il tempo che passa e con il mistero della morte. Solo così la sua conoscenza potrà essere utile alla società e il suo comportamento faciliterà una maggior complicità tra generazioni.
Incantata dal tuo(posso?) modo di scrivere! Concettualmente ed esteticamente! Ce ne vorrebbero altre così !
.. grazie, davvero! Sono questi i commenti che trasformano un lunedì uggioso in una giornata degna di essere vissuta!