
Vorrei proprio commentare, oggi, due articoli di questa settimana che mi hanno lasciato un po’ perplessa (forse perché mi hanno colpito sul vivo). Sono stati pubblicati da Il Fatto Quotidiano e firmati rispettivamente da Elisabetta Ambrosi e d Marco Filoni (Giovedì 10 ottobre p.18). La pagina aveva questo titolo “Leggere è passato di moda. Meglio recensire”. Gli articoli stigmatizzavano il fatto che oggi molte persone, attraverso il web, si gettano nell’arena delle recensioni, esprimendo opinioni non sempre da esperti di letteratura. Nel primo articolo questo fenomeno veniva definito “la voglia di palcoscenico di chiunque passi in rete”. Vi si trattava del fatto che le case editrici, proprio contando su questa voglia, attuano politiche di marketing basate sul far recensire i libri agli utenti, che poi ricevono un buono da spendere, appunto, in libri dell’editore in questione. Nel secondo articolo si metteva in luce il paradosso italiano, dovuto all’esistenza pochi lettori ma di molti nuovi recensori dilettanti. I due se la ridevano, commentando con sarcasmo alcune recensioni, secondo loro dai toni piuttosto infantili e ridicoli.
Ora sarà perché italianintranstio ama dire cosa pensa di un libro che ha letto o di una mostra che ha visto, ma ci sentiamo di dover esprimere un’opinione su questo atteggiamento della critica “ufficiale”. Lo facciamo partendo dalle motivazioni che ci portano a parlare di un libro. Sono legate al nostro ego? Alla nostra vanità? Non lo so, può darsi che vi siano anche queste componenti. Ma trovo sempre odioso questo modo di tagliare le gambe di chi, candidamente e in certi casi anche con ingenuità, desidera esprimere un giudizio su ciò che legge, sapendo benissimo di non essere un critico letterario, ma semplicemente per dialogare coi propri amici o lettori (la rete oggi è una grande piazza dove si dialoga un po’ su tutto).
Io vedo, in questo genere di stroncature, l’atteggiamento spesso un po’ sprezzante della nostra classe intellettuale, o che si crede tale. Tra l’altro, è un atteggiamento che va contro ogni logica democratica. Come sappiamo, democrazia è partecipazione, è spendersi in un dibattito pubblico e continuo, manifestando senza timore le proprie opinioni. Persone che leggono e parlano di cultura, pur nei loro limiti, sono sempre impegnate ad allargare il numero di coloro che si avvicinano a questa sfera, così importante, della vita comune.
Se non sbaglio, fu proprio Karl Popper a mettere tra i nemici della società aperta quel filosofo, Platone, che vedeva come forma di governo ideale, proprio il governo dei sapienti. La vita democratica ha bisogno di una vita pubblica che sappia accettare non solo i sapienti ma anche le opinioni di chi non ha paura di partecipare, pur essendo cosciente dei propri limiti.