Pierre Lemaitre ha vinto il premio Goncourt per la letteratura, uno dei più prestigiosi premi letterari francesi. Il premio Goncourt istituito da Edmond de Goncourt stabilisce che il premio sia assegnato « all’originalità del talento, ai tentativi nuovi e arditi del pensiero e della forma ».
Alcuni critici non si sono trovati d’accordo ( come al solito ) con l’assegnazione poiché, hanno scritto, il romanzo non è affato innovatore né nella forma né nella trama, anzi farebbe l’occhiolino alle celebrazioni per il centenario della Grande Guerra che iniziano in questi giorni. Ma la polemica è sempre presente in questi frangenti.
Fatto sta che Au revoir là-haute é stato definito « amorale, divertente, nero e profondo ». Rapidamente la trama.
Edouard e Albert sono due sopravvissuti al grande massacro della Prima Guerra Mondiale, ma tornati al loro vilaggio si accorgono che non c’è pietà per chi é sopravvissuto, ma solo lacrime per i caduti. Si ritrovano dunque in un luogo che non domanda altro che dimenticare la tragedia, il cui ricordo, al contrario, viene costantemente alimentato dal loro essere rimasti vivi.
Albert ha un lavoro Edouard vive del ricordo di quando era più giovane e amato dalla sua famiglia e possedeva un certo talento per il disegno. E all’«arte» egli ritorna disegnando lapidi per le tombe che mano mano vengono riempite con i cadaveri giacenti ancora sui campi di battaglia e rastrellati per conto dello Stato, al prezzo di 80 franchi l’uno, dal Tenente Pradelle il qule si getta a capofitto nell’abietto traffico e riesce a restaurare il Castello di famiglia.
In questo romanzo l’autore, che proviene dal genere poliziesco noir, riesce a fare un affresco degli anni seguenti la Grande Guerra con humor (nero anch’esso), anni durante i quali si sono create grandi e discutibili fortune da parte di individui privi di senso morale e senza scrupoli, il quali agirono su un mondo che usciva a pezzi dal passato.
Il romanzo è stato definito « una metafora dell’Europa sferzata dalla crisi attuale »