Occorre avere meno di 45 anni, essere un’artista e guardare al passato con un occhio contemporaneo. Così si può partecipare al premio per giovani artisti ideato e promosso da Anna Morettini e organizzato in collaborazione con la fondazione Etrillard. Il premio è incentrato su Firenze e sulla sua storia e, quest’anno, è riservato a opere ispirate dalla figura del Savonarola, il celebre frate domenicano – predicatore formidabile – che animò la repubblica fiorentina per pochi, intensi, anni. Gli artisti hanno tempo fino al 1 dicembre per presentare gli elaborati. Chi vince riceverà 20 mila euro e potrà presentare il proprio lavoro in una mostra che si terrà a Parigi, nei locali della Fondazione Etrillard.
Il premio di Anna Morettini è un’alleanza di luoghi e tempo: Firenze, Parigi, il Rinascimento, il contemporaneo. Non ci sono limitazioni di tecniche: ognuno potrà esprimersi come vuole, per creare un ponte tra passato e presente. E che passato! Ancora oggi Il Savonarola suscita passioni e, soprattutto, contrapposizioni: c’è chi lo vede come un moderno precursore delle libertà civiche e chi lo ritiene uno scaltro politico assetato di potere (le due maggiori opere su di lui sono esattamente improntate a questi sentimenti). Comunque la si pensi, Savonarola, il severo censore dei costumi, era per certi versi modernissimo. Innanzitutto capì che la stampa era un mezzo fondamentale di diffusione delle idee e faceva stenografare e stampare ogni sua predica (che poi veniva distribuita ampiamente in città), tanto è vero che oggi si trova un numero enorme di incunaboli (libri stampati prima del 1500) contenenti le sue opere. Poi capì che la cultura fiorentina dei predicatori-star (a Firenze i predicatori erano dei divi, col loro seguito) aveva qualcosa di buono: permetteva di avere presa sul pubblico. E lui vi si adattò, divenendo un oratore formidabile (in Duomo costruivano delle gradinate quando predicava, tanta era la gente che veniva ad ascoltarlo: ci si immagina solo la forza della voce di quest’uomo piccoletto e nasuto). E poi capì che ogni dottrina deve farsi impegno sociale, deve farsi azione politica (per la polis, per la cittadinanza).
Ci fossero stati i social media li avrebbe usati a tutto spiano. Lo fece per brama di potere? Lo fece per un sincero desiderio di servizio? Chissà. Ogni artista darà la sua versione, la sua interpretazione. Di sicuro c’è che, al momento di morire (condannato alla pena capitale da una città che cedeva al ricatto della curia romana, da lui criticata), quando il vescovo, spogliatolo dell’abito da frate, gli disse di espellerlo dalla chiesa militante e da quella trionfante, lui rispose: “Da quella militante sì; ma da quella trionfante no, perché ciò spetta solo a Dio” E morì, impiccato e poi bruciato (così si usava compiere questi uffici nella civilissima Firenze dell’epoca), senza proferire altre parole se non le sue preghiere.
