“La nostra presunta eredità culturale greca ci è stata generosamente consegnata da un popolo antico che non capiamo, in una lingua antica che non capiamo” eppure “ogni lingua, con ogni sua parola, serve a dipingere un mondo” … “a formulare un’idea, a dare voce ad un’emozione, comunicare come state, esprimere un desiderio, ascoltare una canzone, scrivere poesie.” Questo è ciò che sostiene Andrea Marcolongo, grecista che ha scritto un libro al quale mi sono particolarmente affezionata: La lingua geniale, 9 ragioni per amare il greco, Editori Laterza 2016.
Un vero e proprio libro di amore, non verso un essere vivente ma verso una lingua ritenuta erroneamente “morta”, il greco antico appunto. Chi lo ha studiato spesso lo ha odiato e ben presto completamente abbandonato, chi non lo ha studiato comunque avrà dei benefici dalla lettura di questo testo illuminato. Insiste l’autrice, citando Virginia Wolf: “è al greco che torniamo quando siamo stanchi della vaghezza, della confusione, e della nostra epoca”.
“Proprio la stranezza del greco antico, non ridotto ad una tortura di eccezioni da imparare a memoria, è ciò con cui Marcolongo ci affascina, trasformando nove stravaganze linguistiche in veri e propri sondaggi esistenziali: dai tre generi (maschile, femminile, neutro) ai tre numeri (singolare, plurale e duale), dal modo del desiderio (ottativo) all’anarchia ordinata dei casi… ” (Alessandro D’Avenia per Tuttolibri).
Un libro da leggere e rileggere nel quale ci si ritrova da vecchi studenti o da giovani studiosi ad essere capci di “dire cose complesse con parole semplici, vere, oneste” esattamente come accade con il greco antico.