Passatelli per Natale

passatelli unoSiamo tutti sui blocchi di partenza per la perfetta ricetta di Natale.

C’è chi si affida a nuove mode e a stili esotici e chi invece confida ciecamente nelle ricette della tradizione. Ed è proprio una ricetta della tradizione, ma di quella veramente più profonda, che propongo qui.

È doverosa una premessa, i miei bambini (che ormai bambini non sono più) sono cresciuti a suon di cucchiaiate di questa minestra romagnola che la loro nonna proponeva nelle ricorrenze e nelle feste più disparate pur non essendo romagnola. A sua volta, infatti, ne aveva appreso segreti e trucchi dalla bisnonna dei miei figli, una vita passata in campagna a fare l’azdora cioè la “reggente” della casa.

Regina del focolare e della cucina, in ogni famiglia contadina romagnola l’azdora era considerata una figura quasi mitologica, perché non solo era custode delle tradizioni di un’intera civiltà, ma incarnava i cardini stessi e i valori della famiglia.

Dopo il momento Amarcord, posso passare a parlarvi dei Passatelli in brodo. Tipica cucina degli avanzi rivisitata all’italiana, gustosa ed eccezionale nella sua semplicità. La prima cosa da fare è quella di procurarsi il brodo. Che sia di cappone o di gallina, misto di pollo e manzo, non importa, è necessario solo che sia saporito e… fumante.

Poi si procede a realizzare l’impasto con:

150 gr di parmigiano grattugiato
150 gr di pangrattato (rigorosamente di pane avanzato, meglio se al latte)
3 uova
noce moscata e sale

fer1Bisogna amalgamare gli ingredienti fino ad ottenere un impasto liscio e abbastanza elastico. Per i fortunati che hanno in casa il fer, cioè il ferro bucherellato attraverso il quale far passare l’impasto per ottenere i passatelli nella loro forma di lunghi cilindretti, il procedimento sarà più semplice, per chi, come me, non ce l’ha (il mio, preziosissimo, è andato perso in uno dei tanti traslochi!) può usare un normale schiaccia patate (si farà un po’ più di fatica). L’Artusi all’impasto aggiunge anche il midollo di bue e sicuramente la pasta così ottenuta doveva avere un sapore e una consistenza eccezionale. Nel caso si riuscisse a procurarselo ne bastano 30 grammi.

A questo punto bisogna tuffare i passatelli nel brodo bollente lasciandoceli per qualche minuto e il gioco è fatto. Una spolverata di parmigiano prima di servire ed ecco l’alternativa al trito tortellino di Natale!

PS In chiusura del post ho scoperto che il fer si può persino acquistare on line…

 

Goodbye Lenin!

AspirapolvereChe si può fare quando la giornata è uggiosa e fredda e non si ha nessuna intenzione di gettarsi fra la folla natalizia? Ma naturalmente si può navigare sul web alla ricerca di chicche da condividere! Ed è proprio una chicca quella che vogliamo presentarvi oggi, certo un po’ lontana (a Mosca…) ma che riporta, almeno quelli della nostra generazione, ad un passato recente che sembra essere stato cancellato dagli eventi.

Si tratta di un’esposizione al Moscow Design Museum, che fino al 20 di gennaio 2013 mette in mostra il design sovietico fra il 1950 e il 1980, gli anni cioè della cortina di ferro, delle spie, della Baia dei Porci, del terrore nucleare. Nella presentazione on line leggiamo che si tratta di un vero e proprio stile di vita presentato attraverso oggetti di design e simboli iconici appartenenti all’epoca del comunismo.

Sono stati qui raccolti i migliori esempi sovietici di design industriale, grafica, arti applicate e moda, un universo di oggetti affascinanti non solo perché retrò, ma perché testimonianza di risultati conseguiti grazie ad un approccio sistematico, funzionale, estetico e umanistico alla progettazione, approccio che caratterizzò gli anni ruggenti del comunismo sovietico.

Giochi, hobby, sport ed eventi di massa, educazione e scienza, produzione e vita domestica, tutto trova spazio in questo Amarcord fortemente voluto dalla direttrice del museo Alexandra Sankova. Chissà l’effetto che fa ai moscoviti ripiombare in piena era comunista e quale pensano possa essere l’eredità che ha lasciato loro questo periodo.

Ciao Lucio… e grazie!

Lucio Dalla si è spento ieri a Montreaux durante il suo tour in Svizzera, stroncato da un infarto.

L’aver preso congedo dal mondo in un modo così repentino e tragico, ci ha lasciati di stucco. Per un momento è come se si fosse spezzata una parte dei nostri legami con il passato.

Dalla è stato un pilastro della canzone d’autore, ha attraversato con i suoi testi e la sua musica quasi 50 anni di storia italiana. Come tutti i grandi è passato attraverso fasi differenti e si è valso della collaborazione di nomi famosi: uno su tutti Francesco De Gregori.

Lucio Dalla è stato un curioso, ha esplorato tanti campi musicali e le arti in genere come dimostrano le sue frequentazioni  e le sue amicizie con grandi artisti, poeti, intellettuali e scrittori italiani quali Michelangelo Pistoletto, Aldo Mondino, Andrea Pazienza, Pier Vittorio Tondelli, Giacomo Campiotti,  Mimmo Paladino, Enrico Palandri, Enzo Cucchi, Gian Ruggero Manzoni,  Luigi Ghirri, Luigi Oldani.

Forse i più giovani non sono altrettanto colpiti quanto noi da questa perdita, e per noi intendo quelli della generazione dei telefoni a gettoni, del mangiadischi e della Vespa PK. Per noi  Dalla è stato un mito. Ci ha accompagnato nelle contestazioni al liceo e con il suo cappellino di lana in qualche modo ha incarnato chi si voleva ribellare al «sistema».

Negli ultimi anni si era in effetti un po’ perduto in questo sistema, ma la sua musica non ha mai tradito i suoi fan.

Lo vogliamo ricordare così, alla Amarcord, riesumando un suo pezzo che non tutti ricordano ma che ci ha aiutati, noi bambini degli anni settanta, a conoscerlo e ad apprezzarlo.