Può apparire bizzarra la scelta di inserire questo post nella categoria “che gusto c’è” dal momento che vogliamo trattare di un argomento che è all’opposto del cibo: il digiuno. Abbiamo deciso di inserirlo qui perché il digiuno può essere inteso non solo come un dovuto riposo fisiologico dell’organismo, che attraverso di esso si depura da tossine e veleni, restituendo un rinnovato gusto per il cibo, ma anche come una possibilità di controllo su se stessi per evitare di divenire schiavi del superfluo.
Sul digiuno desideriamo fare una riflessione che non si concentri sui motivi dietetici o pseudo tali che ci spingono a patire la fame abbracciando improbabili diete, ma neppure sul suo tragico contrario, la mancanza di cibo dovuta a povertà o carestia, e neppure sul digiuno come arma di contestazione o protesta.
Vorremmo focalizzare la nostra attenzione sul digiuno che attraversa trasversalmente culture e religioni ed è presente fin dalla notte dei tempi nella storia dell’umanità, senza dare giudizi sulla bontà o meno di questa pratica, ma semplicemente tratteggiandone i caratteri.
Partiamo dunuqe da una definizione che ne chiarisce il significato, con digiuno voglio intendere quella “astinenza temporanea totale o parziale dal cibo, per lo più per scopi religiosi e con diverse motivazioni” ( M. Schnedider, voce Digiuno, in Nuovo dizionario delle Religioni, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 1993). Il digiuno infatti ha acquistato a seconda della latitudine delle popolazioni, delle loro credenze e della loro cultura, funzioni e significati differenti.
La prima e più antica è la funzione APOTROPAICA del digiuno, cioè attraverso la sua pratica si può tenere distante o addirittura annullare l’influenza maligna. Con il digiuno infatti ci si protegge da emanazioni dannose di cibi e bevande e con esso si riesce a scacciare la possibilità di rimanere vittime di eventi catastrofici.
Altra funzione del digiuno è quella CATARTICA: esso rappresenta la purificazione del corpo prima o dopo azioni particolarmente importanti. Ci sono poi la funzione ETICA – digiuno come sacrificio, espiazione o automortificazione – ed ESTATICA – digiuno come rafforzamento di quelle energie che mettono l’individuo a diretto contatto con la divinità. Infine il digiuno può essere la manifestazione esteriore del LUTTO, come accadeva tradizionalmente fra gli antichi egizi.
Ancora, esso può essere praticato in gruppo (il Ramadan) o da soli (per purificarsi dai peccati), in tempi e giorni stabiliti (la Quaresima) o in modo estemporaneo come atto di umiltà e penitenza. Infine, in molte culture e religioni, di fronte all’estremizzazione delle forme di digiuno si è giunti a consigliarne una “interiorizzazione” in forma di “preghiera attraverso il corpo”.
Che sia rituale, dietetico, disintossicante il digiuno da sempre è presente nella storia dell’uomo.