Apocalisse zombie ed altri studi…

Come prepararsi all'apocalisse zombieSe ci seguite da qualche tempo avrete capito che almeno una parte del duo di autrici di questo blog apprezza i thriller noir, le serie sanguinolente e, ebbene si, i movies catastrofici che comprendono impossibili epidemie, sopravvissuti straccioni, zombies orripilanti e, ci si immagina, anche puteolenti.

Inoltre penso che a pochi di voi, mentre attraversano una landa verdeggiante, sia venuto in mente di pensare se quel luogo possa rappresentare il nascondiglio perfetto in caso di apocalisse zombie, oppure di chiedersi chi abbia ragione nella rappresentazione dello zombie “tipo” (veloce e letale come in World War Z o lento e impacciato, ma sempre letale, come in The Walking dead).

A tutti noi che ci siamo posti questi ed altri interrogativi simili finalmente una ricerca scientifica, condotta dalla prestigiosa Cornell University di Ithaca, New York, intitolata The Statistical Mechanics of Zombies viene incontro, ammantando così l’argomento di una veste sperimentale!

Fin dalla prima frase dell’Abstract di questo studio le premesse ci sono tutte: “Presentiamo i risultati e le analisi di uno studio in grande scala dell’esatta simulazione dinamica e casuale di una epidemia zombie”, fantastico! La ricerca si basa su equazioni matematiche e proiezioni della diffusione di una malattia, in questo caso quella che rende zombi, ma che può valere anche come modello per altre epidemie. Il team di ricercatori ha composto un esempio attraverso una completa ed esaustiva panoramica di come possa distribuirsi e diffondersi una malattia virale, creando un modello astratto che tuttavia può servire a studiare e circoscrivere un’epidemia reale… ma anche a darci chiari consigli su cosa fare o non fare nel caso di un’apocalisse zombie.

Innanzitutto per scampare ad ogni pericolo serve un piano preciso. Soprattutto è consigliabile evitare i grandi centri urbani (gli studiosi americani suggeriscono di recarsi prima possibile nelle Northern Rocky Mountains, insomma in qualche posto isolato nello stato del Montana o in Canada). State lontani anche da centri commerciali e metropolitane, usate mezzi propri ed evitate lo scontro. Isolarsi è la scappatoia più efficace. È necessario aspettare che le prime fasi dell’epidemia si plachino cercando di evitare ogni contatto con gli ammalati, che si moltiplicheranno nei centri abitati e affollati.

Sembra folle che un gruppo di posati e virtuosi ricercatori abbia simulato un’epidemia di questo genere, tuttavia il Pentagono e il Center for Disease Control americano hanno entrambi utilizzati lo scenario dell’apocalisse zombie per sviluppare programmi di formazione per eventi disastrosi.

Il mio consiglio dunque? Preparatevi un piano…

 

 

Dolce e piccante, confettura di peperoncini

foto (31)Nei paesi caldi nell’alimentazione si fa un grande uso di spezie, cosa che rende le pietanze particolarmente saporite e piccanti. La cosa mi ha sempre stupito, in effetti proprio in questi paesi non ci sarebbe alcun bisogno di cibi che aumentano la sudorazione, e la curiosità mi ha spinto a fare una breve ricerca per comprendere se si trattasse di una semplice questione di gusti o se la ragione fosse un po’ più complessa.

Secondo uno studio della Cornell University, pare, infatti, che l’usanza di utilizzare più spezie in cucina sia da spiegare in termini evoluzionistici. Mi spiego. In quei paesi dove le spezie sono regine i soggetti si sarebbero assuefatti ad esse perché nel tempo, i progenitori che ne facevano un uso abbondante, sono sopravvissuti meglio di chi non le utilizzava affatto. E il motivo di questa particolare resistenza risiede nella capacità delle spezie di difendere non solo il cibo, ma anche chi lo mangia dall’attacco di microorganismi infettivi e potenzialmente letali.

Le spezie più spesso utilizzate in questi paesi sono origano, aglio e cipolla che con le loro proprietà riescono a debellare la maggior parte dei batteri, seguiti da cumino, timo, cannella e dragoncello (che eliminano l’80 % degli insidiosi ospiti). Con il 75% per cento di successo sui microorganismi si piazzano il peperoncino e il pepe, infine con il 25% il succo di limone, zenzero, anice ecc.

Se tutto ciò è vero, come sembra, pensate quanto possono essere terribilmente mortali contro i microorganismi dannosi (e di conseguenza utili all’uomo) il masala o il curry, largamente utilizzati ad esempio in India, che non sono altro che un cocktail di diverse spezie!

Detto ciò, l’estate sta arrivando, il caldo incombe, il piccantino ci chiama!

E allora una ricetta per una inconsueta confettura (da qualche parte ho letto che il termine “marmellata” si può usare solo per la frutta!) di peperoncini piccanti che si potrà gustare con la ricotta o altri formaggi morbidi o semplicemente spalmandone un velo (solo un velo però!) sul pane o sui crakers.

800 g di peperoni rossi

200 g di peperoncini piccanti

500 g di zucchero

1/2 litro di vino (con il rosso più robusta e scura, con il bianco piu colorata e delicata… ma sempre “strong”)

un pizzico di sale

Procedete come se si trattasse di una marmellata di frutta. Tagliate a dadini gli ingredienti (con i guanti per carità!) uniteli in una casseruola e aspettate che cuociano per un’ora a fuoco dolce. Togliete dal fuoco e passate i peperoni al passaverdura (io in verità ho usato il frullatore ad immersione triturando anche le bucce, ma i puristi potrebbero obiettare!). Rimettete sul fuoco per un’altra mezz’ora. La consistenza deve essere quella delle marmellate di frutta. La dose serve a riempire 4 vasetti da 200 grammi. Chiudete sterilizzate in modo che i vasetti siano chiusi sotto vuoto ed è fatta. Che soddisfazione!

Grazie a Patrizia che ci ha fatto venire l’idea!