Fratture

Stiamo vivendo il tempo delle fratture. Una, per me molto evidente, è la frattura tra generazioni.

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Ho ancora negli occhi il Primo Ministro del Canada, Justin Trudeau, definito dai social giovane, energico, bello quasi perfetto. Nella foto lo si vedeva in una posizione yoga, in orizzontale su una scrivania  durante uno dei tanti  meeting di affari. In un’altra foto lo si vede anche in piazza durante una cerimonia.

Allora penso che la gioventù sta all’innovazione come la vecchiaia alla conservazione.

Questo sembra valere in tutti i campi, anche tra quelli più apparentemente liberi come l’arte. Le nuove generazioni non si riferiscono più a quelle passate come esempi da cui ripartire, ma le vedono come altro da sé.

Questo è avvenuto forse perché oggi il sapere si assimila in modo diverso e ciò a volte genera una certa inadeguatezza della generazione passata. In tutti i campi è richiesto di restare al passo con i tempi, ma i tempi si sono messi a correre troppo forte.

Largo ai giovani, dunque, capaci di nuotare nel mondo della rete.

Una cosa ho notato tra le competenze: la conoscenza è data per scontata. Ciò che veramente si apprezza invece è la capacità del singolo di risolvere un problema. Forse anche per questo, mai come oggi il gioco degli scacchi è considerato un gioco educativo molto importante e formativo: all’estero è ormai  proposto  fin dalle scuole elementari.images-1

Il futuro sembra regalarci molte sorprese; l’importante però è quello di non trasformare tutto in un campo di battaglia, in uno scontro tra vincitori e vinti.

Apocalisse zombie ed altri studi…

Come prepararsi all'apocalisse zombieSe ci seguite da qualche tempo avrete capito che almeno una parte del duo di autrici di questo blog apprezza i thriller noir, le serie sanguinolente e, ebbene si, i movies catastrofici che comprendono impossibili epidemie, sopravvissuti straccioni, zombies orripilanti e, ci si immagina, anche puteolenti.

Inoltre penso che a pochi di voi, mentre attraversano una landa verdeggiante, sia venuto in mente di pensare se quel luogo possa rappresentare il nascondiglio perfetto in caso di apocalisse zombie, oppure di chiedersi chi abbia ragione nella rappresentazione dello zombie “tipo” (veloce e letale come in World War Z o lento e impacciato, ma sempre letale, come in The Walking dead).

A tutti noi che ci siamo posti questi ed altri interrogativi simili finalmente una ricerca scientifica, condotta dalla prestigiosa Cornell University di Ithaca, New York, intitolata The Statistical Mechanics of Zombies viene incontro, ammantando così l’argomento di una veste sperimentale!

Fin dalla prima frase dell’Abstract di questo studio le premesse ci sono tutte: “Presentiamo i risultati e le analisi di uno studio in grande scala dell’esatta simulazione dinamica e casuale di una epidemia zombie”, fantastico! La ricerca si basa su equazioni matematiche e proiezioni della diffusione di una malattia, in questo caso quella che rende zombi, ma che può valere anche come modello per altre epidemie. Il team di ricercatori ha composto un esempio attraverso una completa ed esaustiva panoramica di come possa distribuirsi e diffondersi una malattia virale, creando un modello astratto che tuttavia può servire a studiare e circoscrivere un’epidemia reale… ma anche a darci chiari consigli su cosa fare o non fare nel caso di un’apocalisse zombie.

Innanzitutto per scampare ad ogni pericolo serve un piano preciso. Soprattutto è consigliabile evitare i grandi centri urbani (gli studiosi americani suggeriscono di recarsi prima possibile nelle Northern Rocky Mountains, insomma in qualche posto isolato nello stato del Montana o in Canada). State lontani anche da centri commerciali e metropolitane, usate mezzi propri ed evitate lo scontro. Isolarsi è la scappatoia più efficace. È necessario aspettare che le prime fasi dell’epidemia si plachino cercando di evitare ogni contatto con gli ammalati, che si moltiplicheranno nei centri abitati e affollati.

Sembra folle che un gruppo di posati e virtuosi ricercatori abbia simulato un’epidemia di questo genere, tuttavia il Pentagono e il Center for Disease Control americano hanno entrambi utilizzati lo scenario dell’apocalisse zombie per sviluppare programmi di formazione per eventi disastrosi.

Il mio consiglio dunque? Preparatevi un piano…

 

 

Primi nella classifica dell’Indice di Ignoranza

SchermataNon esiste in italiano un vocabolo che traduca esattamente il termine inglese misperceptions. Potremmo dire “idee sbagliate”, ma la connotazione sarebbe troppo marcata; altra traduzione sarebbe “percezioni errate” o meglio ancora “percezioni erronee” (cioè contrarie alla logica e al vero). Fatto sta che secondo uno studio condotto dalla IPSOS MORI, società britannica di ricerca e comunicazione, in 14 paesi del mondo intero, compresi Australia, Sud Corea e Giappone, è stato calcolato un Indice di ignoranza, che purtroppo ci vede al primo posto fra le nazioni esaminate.

Le 14 nazioni in cui sono state fatte le interviste, nell’agosto del 2014, a soggetti fra i 16 e i 64 anni, sono: Australia, Belgio, Canada, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Giappone, Polonia, Sud Corea, Spagna, Svezia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Nove le domande contenute nel questionario dell’intervista, vertenti sulla percentuale degli immigrati, ad esempio, o sulla percentuale della popolazione che vota alle elezioni o ancora sulla percentuale della popolazione cristiana o di quanti sono i cittadini che superano i 65 anni in una certa nazione.

Attraverso la risposta data da un campione di mille persone la IPSOS MORI ha stilato una classifica molto esauriente sulla differenza che corre fra la realtà delle cose e la percezione che la popolazione ha della realtà delle cose. Non si tratta di un esercizio accademico. Pensate ad esempio su quante percezioni erronee si trova ad esercitare un certo tipo di politica, che fa leva proprio su questo Indice di ignoranza  per costruire le proprie campagne. Vi invito a rispondere alle 9 domande dell’IPSOS MORI. Un giochetto che vi svelerà verità differenti e vi farà comprendere come spesso le priorità pubbliche siano dirottate su false realtà o a causa di allarmismi del tutto inesistenti.

Il fascino sottile del quotidiano

ALICE-MUNROUn rapido omaggio alla vincitrice del Nobel per la letteratura, perché é donna e perché é eccezionale.

È stata definita la più grande scrittrice di racconti brevi dei nostri tempi. Alice Munro, Canadese, è i secondo autore di quel paese a vincere il Nobel per la letteratura. Il primo era stato Saul Bellow (non tutti sanno, infatti, che era nato in Quebec e si era trasferito ancora piccolo a Chicago).

Da sempre la Munro, ormai più che ottantenne, dipinge a pennellate veloci intrecci familiari, il passare del tempo, le difficoltà delle relazioni interpersonali, l’incomunicabilità quotidiana.

Ci pone davanti a noi stessi la Munro, tratteggiando con frasi misurate, in cui non una parola è fuori posto, un’umanità che sembra mostrare senza soluzione di continuità il peggio e il mediocre, il male come malattia dell’anima in cui siamo calati.

Specialità dell’autrice è quella di illuminare con barlumi di introspezione le vite dei suoi personaggi, più spesso creando nuove domande piuttosto che risolvendo il loro mistero. Frequentemente ciò che inizia come la narrazione di un ricordo, con la descrizione di un attimo di tranquillità familiare, improvvisamente degenera volgendosi in dramma.

La memoria è parte centrale dei suoi racconti, da essa si dipanano, in un continuo ritornare ad episodi lontani, le storie e i loro protagonisti. La Munro è eccezionale nell’invenzione (ma sarà pura fantasia?) di figure femminili memorabili: donne dure, simpatiche, amare, disperate, ma sempre lucidissime.

Franzen nutre per lei ammirazione infinita e spesso è stata paragonata ai mostri sacri della letteratura da Tolstoj a Checov.

Tutte etichette… La Munro crea un universo personale attingendo ai ricordi di una vita riplasmandoli e rendendoli vivi in modo da catturare il lettore nel proprio mondo e impedendogli di distogliere l’attenzione dall’inanellarsi delle sue storie.

“Una storia non è come una strada da seguire… è piuttosto una sorta di casa. Tu ci entri e ci puoi rimanere per un po’ vagando un po’ qua e un po’ là, fermandoti dove preferisci, scoprendo le relazioni che esistono fra le varie stanze, fra i corridoi e come il mondo esterno può essere alterato a seconda della finestra da cui ti trovi a guardare fuori. La sensibilità del visitatore, del lettore in questo spazio chiuso viene alterata a seconda dell’ambiente in cui entra se è angusto o ampio riccamente arredato o povero. E si può ritornare indietro e ripercorrere gli ambienti ancora e ancora e ogni volta trovare nella casa un senso diverso e nuovo e più profondo”

Tutta la sua produzione è eccezionale. Da leggere senza tregua!