Story pod, un guscio pieno di storie

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Cosa si può fare per riqualificare un luogo?

Senza arrivare ai casi estremi come quello di Bilbao – che da città post industriale, grigia e semi sconosciuta grazie ad un ardito piano di rigenerazione, comprendente anche la costruzione e inaugurazione del Museo Guggenheim, progettato da Frank Gehry, è oggi un esempio di riqualificazione urbana da seguire – si possono fare interventi di modesta spesa ma di impatto sorprendente.

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È quello che suggerisce lo studio di architetti AKB di Toronto, Canada, che ha installato a Newmarket, una cittadina dell’Ontario, uno Story Pod, cioè un guscio che cela al suo interno un preziosissimo contenuto.

Infatti in un’area urbana scarsamente frequentata è nata una “scatola per libri” posta ai margini di una piazza recentemente ristrutturata, nel centro del quartiere storico della cittadina, la cui funzione è quella di favorire gli incontri e stimolare i fruitori alla lettura.

Si tratta di una struttura con mura girevoli che di giorno resta completamente aperta mostrando comode sedute e scaffali colmi di libri, mentre di notte viene chiusa e assume l’aspetto di una lanterna, illuminata al suo interno grazie ad un sistema di pannelli solari.

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Il progetto possiede una forma pura, semplice che svela un approccio profondamente riflessivo all’architettura. Il grande cubo nero potrebbe essere un’opera d’arte contemporanea. Offre un ambiente che invita al raccoglimento della lettura, ma allo stesso tempo è aperto allo spazio intorno perché stimola l’aggregazione in nuove forme.

Gangnam style 2… la vendetta

Anish KapoorAnche Anish Kapoor si è messo in gioco… è sceso infatti in campo per ribadire la necessità che l’espressione artistica rimanga libera da ogni tipo di legame sia esso politico, sociale o economico. Sulla scia del filmato postato su You tube da Ai Weiwei, che ha fatto infuriare le autorità cinesi, Anish Kapoor insieme ad un nutritissimo gruppo di esponenti dell’arte e della cultura mondiale si è esibito nella stessa danza sfoggiando anch’egli una giacca rosa confetto e e occhiali da sole scuri.

Hanno aderito all’iniziativa MoMA, Guggenheim, New Museum, Brooklyn Museum e il Whitney Museum of American Art di New York; l’ Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington; il Philadelphia Museum of Art; il Museum of Contemporary Art di San Diego; personalità quali Helen Bamber; Hanif Kurieshi, artisti come Mark Wallinger, Bob e Roberta Smith e Tom Phillips, ballerini del calibro di  Tamara Rojo e Deborah Bull.

Anish Kapoor ha ricevuto il plauso di altri grandi dell’arte, prima fra tutti Marina Abramovich, la quale non estranea al gusto della provocazione, ha sostenuto la performance di Kapoor.

L’ambientazione e il balletto sono molto semplici ma ricchi di simboli e metafore a partire dalla immancabile presenza delle manette (già usate da Ai Weiwei), dalle maschere che riproducono l’artista cinese, dalle scritte sul muro alle spalle dei ballerini che riportano il nome di molti artisti che negli anni hanno subito ingiustizie ed intimidazioni (fra gli altri compare anche il nostro Saviano e le Pussy Riot) fino al gesto di contestazione tipico dei piccoli che manifestano il dissenso: battere i pugni sul muro.

Nel bel mezzo del filmato compare chiara la scritta: “End Repression, Allow Expression” che diventa la frase simbolo riassuntiva di tutta l’operazione. Che dire? Noi stiamo con lui!