Diwali o il festival delle luci indiano

Diwali2Oggi è stato il primo giorno dei cinque dedicati dagli Hindu alla “festa delle luci”, chiamata Diwali o Dipavali, e celebrata non solo dagli indiani del sub continente ma anche da quelli sparsi nel resto del mondo.

Per gli Hindu celebrare la vittoria del bene sul male è importante quanto per i Cristiani festeggiare il Natale. L’usanza principale, che dà il nome alla festa, è quella di accendere una grande quantità di lampade a olio o elettriche sia nelle case private sia negli spazi pubblici, a simboleggiare la luce che si fa spazio nelle tenebre.

Durante i cinque giorni di festa è consuetudine offrire cibo sugli altari delle divinità (il pantheon indiano è molto vasto).

Il primo giorno si evoca il Signore della Morte. Il secondo si celebra la sconfitta del demone dell’impurità. Il terzo giorno si rende omaggio a Lakshmi dea dell’abbondanza, della luce, della saggezza e del destino, ma anche della fortuna, della bellezza e della fertilità. Il terzo giorno è anche l’ultimo giorno del calendario Hindu. Il quarto giorno equivale al nostro Capodanno, ma è anche consacrato all’amore fra gli sposi. L’ultimo giorno celebra invece l’amore fraterno.

Molti sforzi vengono fatti dalle famiglie indiane per preparare degnamente la festa, si comincia innanzi tutto con una pulizia a fondo della casa, e a coronamento dell’impresa si preparano specialità culinarie che rendono il Diwali anche una delizia per il palato.

Appositamente per il Diwali infatti le famiglie preparano i mithai una selezione di dolci dalle forme e dagli ingredienti particolarissimi. Colorati, profumati, catturano i sensi per il loro gusto speziato e dolcissimo dove l’acqua di rosa, il cardamomo, le noci di ogni tipo vengono mescolate a creare quello che il Masasollasa, testo della letteratura sanscrita composto intorno al 1100 e che può essere considerato una specie di enciclopedia del cibo, della musica e di altre arti indiane, definisce “delizia della mente e dei sensi”.

Naturalmente parlando dell’India le cose non sono così semplici come appaiono. Infatti per comprendere appieno il significato di questa festa sarebbe necessario addentrarsi nel complesso e affascinante mondo religioso di un popolo profondamente spirituale. Accontentiamoci dunque di festeggiare con i gli amici passando qualche ora in un’atmosfera gioiosa e solenne, che ci avvicina a quella spiritualità tutta particolare che ha reso famosa l’India.

Diwali

Chiacchiere del lunedì

Delphine Boël, The Golden Rule blabla
Delphine Boël, The Golden Rule blabla

Karma Cola. Anni fa Gita Mehta, una scrittrice indiana sagace e tagliente, scrisse un libro intitolato proprio così. Voleva stigmatizzare l’atteggiamento di tanti occidentali che si recavano in India per “cercare se stessi” senza rinunciare al proprio bagaglio di consumismo occidentale. Ne venivano fuori tanti quadretti esilaranti. Mi viene in mente perché mi sembra che oggi viviamo nell’era del Karma Cola: il nostro rapporto col corpo e con lo spirito sembra dover passare attraverso tutta una serie di pratiche fisiche e meditative nate in contesti diversi, ma adesso divenute universali. Al mattino facciamo il saluto al sole, molti meditano, tanti fanno yoga. Ho un amico che mi ha detto: ma come: non fai mai i “tibetani”? Alla mia richiesta di spiegazioni ha risposto: “sono esercizi utilissimi, basati su discipline fisiche e spirituali antichissime”.  Insomma, chi non li fa è spacciato.  Conosco chi si getta dai ponti legato a una corda e chi medita di buttarsi in un burrone appeso a una specie di mantello. E potrei fare altri mille esempi.

A me viene in mente che da bambini ci spiegavano il bisogno della ginnastica con una frase latina: mens sana in corpore sano. Ma sarà vero?