
Karma Cola. Anni fa Gita Mehta, una scrittrice indiana sagace e tagliente, scrisse un libro intitolato proprio così. Voleva stigmatizzare l’atteggiamento di tanti occidentali che si recavano in India per “cercare se stessi” senza rinunciare al proprio bagaglio di consumismo occidentale. Ne venivano fuori tanti quadretti esilaranti. Mi viene in mente perché mi sembra che oggi viviamo nell’era del Karma Cola: il nostro rapporto col corpo e con lo spirito sembra dover passare attraverso tutta una serie di pratiche fisiche e meditative nate in contesti diversi, ma adesso divenute universali. Al mattino facciamo il saluto al sole, molti meditano, tanti fanno yoga. Ho un amico che mi ha detto: ma come: non fai mai i “tibetani”? Alla mia richiesta di spiegazioni ha risposto: “sono esercizi utilissimi, basati su discipline fisiche e spirituali antichissime”. Insomma, chi non li fa è spacciato. Conosco chi si getta dai ponti legato a una corda e chi medita di buttarsi in un burrone appeso a una specie di mantello. E potrei fare altri mille esempi.
A me viene in mente che da bambini ci spiegavano il bisogno della ginnastica con una frase latina: mens sana in corpore sano. Ma sarà vero?