Manager Magazine, rivista tedesca, per la decima volta lo ha classificato come l’autore contemporaneo più influente sulla scena dell’arte planetaria. Nel 2013 una sua foto dipinta, Domplatz Mailand, realizzata nel 1968, è stata battuta per la bellezza di circa 29 milioni di euro. Stiamo parlando di Gerhard Richter, al quale la Fondazione Beyeler di Basilea dal 18 maggio al 7 settembre dedica la più grande esposizione di opere finora vista in Svizzera. Saranno in mostra le serie, i cicli e gli spazi creati dall’artista, grande inventore di architetture visionarie (“è un sogno che ho, che i quadri si trasformino in ambienti, che diventino essi stessi architettura”).
In 60 anni di carriera Richter ha prodotto un’opera molto variegata, di grande varietà tematica e stilistica. Passando dalla pittura figurativa attraverso la rielaborazione delle fotografie e giungendo all’arte astratta, con le tavole colorate, le superfici monocrome fino alle composizioni generate dal computer. Ha affermato che “se i dipinti astratti mostrano la mia realtà, i paesaggi e le nature morte mostrano allora il mio desiderio”.
Interessato e attratto da tutto ciò che compone il mondo contemporaneo e dunque anche alla storia recente, Richter negli anni Settanta crea un ciclo di opere oggi esposte al Museum of Modern Art di New York: Oktober 18, 1977. Si tratta di 15 fotografie, immagini di stampa dipinte, ispirate agli avvenimenti che videro protagonista la Rote Armee Fraktion, la banda Baader Meinhof, negli anni di piombo della Germania. Anche quest’opera, fra le altre, è eccezionalmente in mostra a Basilea.
In una recente intervista rilasciata ad Hans-Ulric Obrist, critico d’arte, condirettore della Serpentine Gallery di Londra e curatore della Mostra alla Fondazione Bayeler, Richter polemizza affermando che “la capacità di produrre capolavori non esiste più “, che il termine dovrebbe essere completamente ridefinito, che nel panorama artistico attuale molto dipende dalla fortuna. “Non c’è mai stata tanta arte come adesso” e ancora “Il termine bellezza è così squalificato, anche perché tanta brutta stupidità viene spacciata per bellezza. I modelli propagandati dal cinema, dalla tv e dalle riviste propongono una bellezza falsa e vuota, ed è forse per questo che la bruttezza va così di moda. La società si sta anestetizzando” (da un’intervista all’autore di Hans Ulrich Obrist, sull’inserto Lettura del Corriere della Sera, n 128).
Parole dure, pronunciate non con dolore, da un’icona vivente.