Spazi pubblici arte e sentimento

I processi sociali cambiano lo spazio pubblico urbano.

Riflettevo su questa frase mentre  avevo in mente altri due fatti, di per se’ lontani, che mi hanno colpito in questi giorni:

-L’iniziale  protesta pacifica contro  il piano di demolizione del parco di Gezi a Istanbul per costruire un centro commerciale.
– L’opera di Lara Almarcegui presentata nel padiglione spagnolo alla Biennale di Venezia.

Paglione spagnolo, Biennale di Venezia 2013, opera di Lara Almarcegui
Paglione spagnolo, Biennale di Venezia 2013, opera di Lara Almarcegui

Entrambi gli eventi riflettono sul significato d’identità di un luogo pubblico.
Lara Almarcegui lo fa con il suo lavoro d’artista,  da sempre interessata a mettere in evidenza i rapporti tra architettura e assetto urbano, tra rigenerazione e decadenza di un luogo. Si è sempre interessa ai luoghi abbandonati delle città e alle struture che verranno demolite. L’hanno definita un’archeologa del presente e, in quanto artista, il suo pensiero si traduce  nel “fare e nel restituire visivamente la sua ricerca”. Così, quando sceglie un luogo, come ad esempio il padiglione spagnolo a Venezia, per prima cosa studia lo spazio che le è stato offerto assieme all’architettura del padiglione e alla sua storia, per poi rendercelo sotto forma di peso e volume. Mi spiego meglio: il suo intervento sta nel rimettere dentro al padiglione tutto il materiale scomposto che è servito a costruirlo. E’ così che ci ritroviamo davanti a una montagna di sassi, tutti della stessa misura (500 metri quadrati), di mattoni (255 metri quadrati)  e poi di cemento e così via.

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Lara Almarcequi, padiglione spagnolo, Biennale di Venezia 2013

Questo lavoro lei lo fa non come semplice atto formale, ma anche con il desiderio di ottenere un impatto sociale. Le sue opere infatti, come ha  spiegato bene il suo curatore Octavio Zaya, esplorano le relazioni che intercorrono  tra il materiale, l’economia e lo spazio pubblico.

Tornando a noi: “i processi sociali cambiano lo spazio urbano“.

Che significato allora ha avuto per i turchi difendere quel parco? Perché hanno cominciato a lottare affinchè non vengano tagliate quelle piante? Questa protesta sembrava diretta, almeno nei suoi stadi iniziali prima che prendesse un altro peso politico, al rifiuto per il peso e il volume di un centro commerciale e per la difesa di quello spazio pubblico.

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Parco di Gezi, Istanbul

Ancora una volta l’arte respira il sentimento contemporaneo e anticipa gli stati d’animo delle persone. E cosa altro se non questo fu il significato della grande installazione che Joseph Beyus intraprese nel 1982 quando decise di voler far piantare a Kassel7000 querce, ciascuna con un basamento in pietra. Un intervento che si concluse solo nel 1987.
Beuys sapeva che con un intervento del genere avrebbe influenzato il paesaggio urbano  avrebbe lasciato un segno e lanciato un messaggio per tutti in difesa della natura ma anche dei suoi valori .

Alla fine ho deciso i processi sociali, cambiano lo spazio urbano in meglio se accompagnati dall’arte.

Joseph Beuys,
Joseph Beuys, Kassel 1982

Kassel, un appuntamento estivo per gli appassionati di arte contemporanea

Oggi il blog ospita, lo storico dell’arte Lorenzo Ciprian,i appena rientrato da Kassel.  Lorenzo ha infatti visitato  la grande rassegna che si tiene ogni 4 anni in Germania dedicata all’arte contemporanea . Un appuntamento molto significativo e importante per capire e respirare ciò che gli artisti di tutto i mondo fanno in questo momento.

A lui la parola:

Fridericianum, Kassel, foto di Nils Klinger
Foto di Nils Klinger

Per chi si trova in Germania questa estate e per tutti gli appassionati d’arte è stata inaugurata l’8 giugno la tredicesima edizione di Documenta a Kassel, una delle più grandi rassegne d’arte contemporanea del mondo. Un’edizione all’insegna dell’incertezza e della precarietà, dove si trovano esposti artisti di fama internazionale, ma anche sconosciuti o semplici appassionati, perché “La cosa migliore che l’arte può fare è non dare certezza ma incertezza e porre domande – deve porre dei dubbi vertiginosi su cosa in effetti l’arte può essere.”, stando alle parole della curatrice Carolyn Christov-Bakargiev.

I temi principali della mostra sono quelli delle difficoltà che la nostra società sta attraversando in un momento di crisi, non solo economica, ma anche culturale e di valori. Un momento di svolta che l’arte di oggi vede attraverso una lente spesso deformata, difficile da comprendere, ma talvolta estremamente lucida e potremo dire per certi versi profetica. La speranza nelle tecnologie è uno degli elementi chiave di questa svolta, soprattutto per quegli artisti che lavorano con le neuroscienze o con le scienze sociali, legate alla globalizzazione. Un altro punto che pare evidente è il tema della distruzione e della ricostruzione dopo le guerre che si sono accese in questi ultimi anni. La rassegna si compone di altri tre luoghi di esposizione – Kabul, il Cairo e il Banff National Park in Canada – con i quali intesse una rete di relazioni con opere ed artisti provenienti da questi luoghi o che trattano tematiche legate ad essi.

L’arte italiana è in prima fila con una nutrita partecipazione di artisti – la curatrice italo-americana tra le altre cose ha diretto in passata il museo di Arte Contemporanea di Torino –, a cominciare da quello che viene chiamato il “cervello” della mostra, ovvero la Rotunda del Fridericianum, dove si possono ammirare alcuni dipinti di Morandi accompagnati dagli oggetti originali che furono i modelli per i dipinti realizzati dall’artista dopo la seconda guerra mondiale. Giuseppe Penone è presente con un grande lavoro “ambientale” nel Karlsaue Park di Kassel, ma anche nella succursale di Kabul. Un grande omaggio è dedicato ad Alighiero Boetti ed una sala intera è allestita con i lavori concettuali di Fabio Mauri. Inoltre sono presenti opere di Francesco Matarrese, Rossella Biscotti, Massimo Bartolini e Chiara Fumai.

Un lavoro da non perdere? Sicuramente quello del canadese Geoffrey Farmer nella Neue Gallery: un’enorme collage tridimensionale realizzato con ritagli tratti dalla rivista Life che ci conduce in un viaggio retrospettivo nella nostra storia e nella nostra cultura popolare, uno spaccato del ventre della nostra società.