Confini

Marc Quinn, Alison Lapper Pregnant, 2007
Marc Quinn, Alison Lapper Pregnant, 2007

Il tema è già stato affrontato, una volta, la scorsa settimana ma continuo a pensare che dobbiamo riprenderlo, perché qualcosa non va. Si fa una grande fatica ad accettare la diversità. Faccio un esempio, ho  un’amica che lotta in Italia per l’inclusione a scuola dei ragazzi con disabilità, mi dice che la legge c’è ma  è piena di lacune e rimane misconosciuta ai più, così molte famiglie non vengono sostenute a sufficienza. Eppure, mi scrive, stare con chi è diverso da noi, per etnia, caratteristiche fisiche, psichiche o altro è una ricchezza e un valore da salvaguardare.

Pensiamo ai nostri ragazzi sono abituati ad essere accontentati nella richiesta continua della felicità e non imparano mai che quello che a loro sembra poco per un altro costa uno sforzo enorme.

Secondo le stime delle Nazioni Unite, nel mondo ci sono 650 milioni di persone colpite da disabilità ed è impensabile e assurdo che queste devono restare fuori da nostro vivere quotidiano.

E’ una questione di sensibilità, un disabile conosce le cose con altri occhi e  percepisce il mondo in modo diverso . A questo riguardo mi è venuta in mente l’ opera dell’artista inglese Susan Austin.

Susan Austin
Susan Austin

Susan Austin è paraplegica, si è fatta costruire, contro tutte le leggi della fisica e contro tutti i pareri degli esperti, una sedia a rotelle che le consente di andare sott’acqua e con il corpo realizzare delle performance subacquee. La performance è un linguaggio artistico che fa uso del corpo dell’artista  ed esplora le possibilità e i limiti del corpo. Nelle opere di Susan Austin non si gioca sul concetto di disabilità intesa come frustrazione ma la sua esperienza artistica è tesa a fare emergere un’energia vitale che si trasforma in gioia e libertà perché come lei stessa ha detto “per me la sedi a a rotelle diventa un mezzo di trasformazione (…) che mi ha spinta oltre dentro un nuovo modo di essere, in una nuova dimensione e in un nuovo livello di consapevolezza”.

Susan Austin
Susan Austin

Davvero vogliamo tenere lontano i nostri bambini e  noi stessi lontani da questi incontri?

C’è ancora posto per monumenti da erigere?

E’ pensabile oggi che un’artista possa realizzare un monumento? Un’opera, cioè, di scultura nata per celebrare qualcuno o qualcosa? Chi ha uso dell’arte contemporanea sa quanta strada  gli artisti abbiano fatto per contestare le celebrazioni altisonanti e per arrivare a forme espressive più vicine alla vita.

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Elmgreen and Dragset, Powerless Structures Fig.101, 2012

Ma gli artisti, si sa, amano anche le sfide. Infatti, da ormai più di sette anni, a Londra il sindaco della città (coadiuvato da una commissione  di esperti) invita i più affermati  artisti contemporanei a pensare un monumento, da collocare su un grande pilastro ottocentesco, in Trafalgr Square. Il pilastro, posizionato a nord ovest, di fronte alla National Gallery, fu disegnato nel 1841 da Sir Charles Barry e fu pensato per una statua equestre che non fu mai portata a termine.   Collocare l’opera su un piedistallo prevede un grande impegno per l’artista contemporaneo, abituato ormai da più di un secolo a rifiutare ogni costrizione e limite dettati dallo spazio. Ed è così che l’accostamento del piedistallo con l’ opera contemporanea diviene talmente stridente da balzare subito agli occhi. Quest’anno la sfida è stata raccolta da una coppia di artisti, Elmgreen and Dragset, che hanno sviluppato proprio l’idea originaria, quella del monumento equestre: hanno realizzato la statua di un bambino,  in bronzo dorato, su un cavallo a dondolo. E’ il bambino che verrà, è colui che ci fa pensare al futuro e a ciò che sarà. I due artisti hanno lavorato per anni assieme: Elmgreen è danese, mentre Dragset è norvegese. Sono stati presenti all’ultima Biennale di Venezia, nel padiglione che rappresenta la Danimarca assieme alla Svezia e alla Norvegia. Nel 2008 hanno inaugurato un lavoro nel Tiengarten Park di Berlino, con un opera dedicata alle vittime gay del nazismo.

Prima di loro, tra gli altri artisti che hanno lavorato in Trafalgar square sul piedistallo vuoto, ci sono stati Marc Quinn, con una grande figura mutilata dal titolo Alison Lapper Pregnant (2005), oppure  Thomas Schutte, con il suo lavoro Model for a Hotel (2007) ,o ancora Ynka Shonibare con la sua grande nave di Nelson in bottiglia (2010).

Thomas Shutte
Thomas Shutte, Model for  Hotel, 2007
Marc Quinn's Alison Lapper Pregnant,2005-2007
Marc Quinn’s Alison Lapper Pregnant,2005-2007

Il pilastro, insomma, continua a incuriosire artisti, critici e spettatori e la città di Londra ogni anno organizza anche un premio destinato alle scuole: gli studenti possono presentare un progetto per il pilastro e i più belli vengono premiati.

Ynka Shonibare, Nelson Ship in a bottle,2010-2012
Ynka Shonibare, Nelson Ship in a bottle,2010-2012

Così l’arte si lega al passato, offre una visione del contemporaneo, è visibile da tutti e vive del giudizio e dei commenti  di ogni passante.