
In questo momento, cari cardinali, mentre vi apprestate a chiudervi nella cappella Sistina, per il conclave, sotto la volta di Michelangelo, penso a come vorrei fosse il nuovo Papa. Voi siete occupati, con i vostri contatti preliminari, nel definire le alleanze, nel pregare per essere pronti al compito. Io mi figuro di parlare con colui che verrà elevato al Soglio di Pietro.
Come ti vorrei Papa che verrai? Innanzitutto spero che tu possa diventare un guida per tutti i cristiani sparsi nel mondo. Ti immagino con un volto mite, ma con un carattere forte; vorrei che sul tuo sguardo si potesse leggere la domanda: perché avete paura?
Spero che tu possa trovare le parole giuste per chi non crede né in te né nella chiesa, in modo che tutti possano sentire da te parole di speranza e coraggio.
Mi piacerebbe sentirti dire che tutte le differenze sono necessarie al disegno di Dio e che non c’è preclusione per nessuno dentro la Chiesa. Se non ci sappiamo mettere noi al servizio degli altri, chi lo dovrebbe fare?
Mi piacerebbe anche che tu sapessi metterti dalla parte delle persone più deboli e meno tutelate. Perché anche la crisi non è uguale per tutti .
E poi amerei che tu non avessi timore di prenderti la responsabilità di tagliare ciò che nella Chiesa proprio non funziona, a rischio di un suo indebolimento, senza aver paura di colpire chi sbaglia e scandalizzare gli ipocriti, proprio come fece Gesù nel Tempio.
Spero che tu sia abituato a rivolgerti agli europei ma anche agli africani, agli asiatici e agli americani, che tanto contribuiscono alla vita della chiesa.
Da qualche anno ormai frequento un chiesa internazionale di lingua inglese e lì ho scoperto tanta fede. Ne ritengo un esempio l’attaccamento della comunità filippina, il loro desiderio di servizio. Ma vi ho anche scoperto i colori e la gioia della musica sacra africana, assieme al pragmatismo degli americani, che si sentono in prima fila nell’organizzare le attività parrocchiali.
Insomma, caro Papa, ti aspetto con ansia perché, se tu decidi di lottare, allora lottiamo anche noi per un mondo un po’ più giusto e meno ipocrita. La nostra chiesa così potrebbe diventare un luogo dove si annuncia la buona notizia: un luogo dove non si conoscono cinismo e indifferenza.