Nýx

È il nome della dea greca della notte, ma non solo. È anche il nome di una nuova catena di hotel che ha scelto per la prima apertura in Europa la città di Milano. Vi chiederete “e allora”? Beh, scopo dichiarato di questo nuovo brand è quello di unire l’accoglienza, il design e l’arte contemporanea. Infatti la promessa a coloro che risiedono in questi hotel, per ora aperti in Messico a Cancun e in Israele a Tel Aviv,  è di avere la possibilità di assaporare l’opera di artisti locali che rendono gli ambienti unici.

A Milano, nell’hotel che verrà inaugurato a fine febbraio sono stati coinvolti 13 street artist e writers: Andrea Casciu, Corn 79, Etnik, Joys, Jair Martinez, Moneyless, Neve, Orion, Peeta, Seacreative, Skan, Urbansolid e Yama11. A ognuno di loro il curatore,  Daniele Decia – contattato dalla fondazione legata alla proprietà di questi alberghi – ha chiesto di disegnare quello che più avrebbe voluto mostrare. Il committente non chiedeva altro: “niente ghirlande o fiorellini dipinti che piacciono all’arredatore, solo la libera interpretazione dello spazio da parte dell’artista. Uno studio dello spazio che fonde il muralismo con il design d’interni, senza vincoli poetici se non il richiamo alla strada”.

Una sorta di albergo/museo della street art, una torre di 12 piani nei pressi della Stazione Centrale di Milano, destinata a divenire centro di incontro non solo per viaggiatori, ma anche per coloro che, pur non essendo ospiti dell’hotel, avranno desiderio di visitare gli ambienti trasformati dagli artisti.

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E’ arrivata la prima neve

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Zeno Colò

Cade la prima neve dalle nostre parti. Mi viene da pensare (forse anche per distrarmi un po’ dalla tristissima attualità) ai miei primi passi sugli sci e all’Abetone, la stazione invernale di noi toscani. Non appena lo faccio, mi torna in mente una delle tante figure belle della nostra Italia: Zeno Colò, il campione abetonese che negli anni Cinquanta del novecento vinse olimpiadi e campionati mondiali con prestazioni rimaste nella storia di questo sport.imgres

Zeno era nato all’Abetone, un paesino allora sperduto fra i monti dell’Appennino, coperti da fitti boschi di conifere che sulle cime lasciano il passo ai mirtilli e all’erba. Era un posto fuori dal mondo, allora, ma lo sci vi era arrivato col regime fascista, come uno sport d’élite. I ragazzi del posto se ne erano impadroniti e avevano cominciato a praticarlo con mezzi rudimentali e a costo di faticacce oggi inconcepibili, tipo risalire a piedi fino in cima alle vette per ridiscenderne a rotta di collo, schivando gli alberi. Sci di legno, maglioni fatti in casa, una sciarpa e via. Del resto, queste fatiche erano ben poca cosa rispetto al lavoro di boscaioli nel quale venivano tirati su dai genitori. Ne nacque una generazione di atleti, temprati dalla dura vita di montagna, che sbaragliò i campioni di mezzo mondo: Zeno Colò, Vittorio Chierroni, Celina Seghi. Gente che inventò lo sci moderno.

A Losanna, al museo Olimpico, images-1c’è un video sulla discesa libera di Zeno alle Olimpiadi di Oslo (vinse l’Oro): si vede un tale che si scaraventa giù per una pista che oggi sarebbe proibita, tanto è irregolare e pericolosa. Quando arriva in fondo Zeno viene inquadrato in volto: è quasi in trance, tanta era la sua concentrazione. Ad Aspen, dove oggi vanno i fighetti del mondo, questo montanaro dal volto irregolare e dalla forza formidabile lasciò tutti indietro e si prese due ori e un argento, al campionato mondiale. Stabilì il record mondiale del chilometro lanciato a Cervinia, viaggiando a 160 all’ora su degli sci che oggi non si darebbero nemmeno a un principiante per paura che si faccia male.

Una volta mio marito lo trovò che scendeva sciando nel bosco, fuoripista. Erano i primi anni ’80 e lui era già vecchiotto mentre lui era un ragazzino che risaliva un lungo pendio con gli sci da sci alpinismo, per poi scendere da una vetta non percorsa da piste. Lui si fermò a guardarlo: “O che sono le pelli di foca quelle sotto gli sci?” Gli chiese. Lui rispose di sì e lui fece: “Comode, io da giovane risalivo a piedi: mi avrebbero fatto comodo”. E poi aggiunse: “Bravo, ma attento a non sbattere contro un albero quando scendi; ciao.” E sparì zigzagando fra abeti e faggi, come fosse a Cortina tra i pali di uno slalom Gigante.

Chiacchiere del Lunedì

D’inverno il sole è stanco a letto presto se ne va ma che freddo fa ma che freddo fa ! Non ce la faccio più ma che freddo fa ma che freddo fa cantava Nada negli anni Sessanta nessuna canzone è più adatta a questo fine settimana. Qui in Svizzera neve, vento e ghiaccio. Ma che dire a me mette l’allegria.

-Niente allegria: depressione e voglia di vino caldo! L’altra notte mi sono svegliata e ho dato una sbirciata fuori dalla finestra: il vento ululava e trascinava raffiche di neve (sì signori la neve!) che sembrava di stare a Vladivostock. Freddo glaciale, tutto d’un colpo, come ormai ci ha abituato questo pazzo clima.

-non sono d’accordo il freddo crea un’atmosfera più intima, tutti hanno più voglia di stare in casa chiacchierare davanti a una bella tazza di tè.

-Il colmo della beffa è stato aprire la mail stamattina e trovare la news letter di Ikea che recitava più o meno così: “ecco come passare un inverno piacevole con pochi tocchi e poca spesa: trasformate casa vostra in un’accogliente baita di montagna”… sono rimasta senza parole! Un animale a sangue freddo come me deve stare al sole sennò scatta la malinconia del caldo, del mare e dell’estate!

Intanto beccati sto pezzo storico di Italia