Il Grand Tour… come l’Interrail!

mappa d'europaFin dal tardo Cinquecento si è affermato in Europa un tipo di viaggio che si potrebbe definire di “formazione”. Cioè il viaggiatore non si incamminava per necessità (commerciale, spirituale o economica) ma per piacere, per curiosità intellettuale, spinto di volta in volta sulle orme degli antichi o alla ricerca di differenti popoli, usi e costumi. Questa idea si radica così profondamente nella mentalità e nella cultura europea che, in epoca illuminista, Louis de Jaucourt, colui che scrisse l’articolo Voyage per l’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert affermava: “Dunque il fine principale che ci si deve porre nei viaggi è senza dubbio quello di esaminare i costumi, gli usi, il genio degli altri popoli, il gusto dominante, le loro arti, le loro scienze le loro manifatture e i loro commerci”.

È così che nasce l’idea del Grand Tour che per secoli è stato intrapreso da generazioni di giovani e meno giovani rampolli delle élites europee. Un viaggio che doveva allargare gli orizzonti, rendere consapevoli delle differenze, divenire un’esperienza educativa e un momento di approfondimento, che con il passare del tempo cambia quanto a modalità (se nel secolo dei lumi si prediligeva una ricerca di carattere più scientifico, il romanticismo spinge i viaggiatori alla ricerca dell’insolito, del sublime e del pittoresco) ma non quanto a finalità.

Un lento pellegrinaggio fra le capitali della Vecchia Europa partendo dal Nord (Londra, Parigi, l’Olanda, la Germania) e giungendo a sud dove inevitabilmente si terminava con una lunga e approfondita visita delle bellezze Italiane ed eventualmente una puntata (per i più avventurosi) fino ad Istanbul, confine mentale più che geografico del Vecchio Continente. Come fedele  racconto di questo viaggio nacque un vero e proprio e fortunato genere letterario, fatto di memorie autobiografiche (Goethe, Viaggio in Italia), ma si sviluppò anche un genere di pittura che può essere definita di “reportage”, che inizia partire dagli ultimi decenni del ‘700 e che voleva essere una fedele riproduzione dei luoghi più cari ai viaggiatori (P. J. Volaire, J. Wright of Derby). Addirittura spesso furono gli stessi artisti ad intraprendere il Gran Tour come J. P. Hackert e C. Gore.dizionario ragionato

Oggi sarebbe impensabile mettersi in viaggio per mesi, come facevano questi fortunati giovani. In un’epoca come la nostra fatta di tecnologia, collegamenti veloci e  di connessione totale, perdersi fra le rovine di Roma o fra i vicoli di Parigi può sembrare anacronistico e privo di significato. Eppure dell’antico Grand Tour rimane qualcosa, una curiosità, un’inquietudine che spinge tanti giovani ad acquistare un biglietto del treno e prendersi finalmente del tempo per conoscere, capire, girare senza meta in questa nostra Vecchia Europa.

Interrail

“Sali a bordo di un treno e fai un tour a tappe dell’Europa. Incontra altri viaggiatori, scopri tutto quello che l’Europa ha da offrire e colleziona ricordi indimenticabili lungo il tragitto” e chi potrebbe resistere ad un richiamo del genere?

Viva la cuccagna

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Il Medioevo non è stato solo quel periodo buio e repressivo che gli autori del Romanticismo hanno indicato; anzi è stata un’epoca apportatatrice di idee ed innovazioni che hanno lasciato ampie tracce nella storia dell’umanità. Ma certo con rigidi schemi di comportamento, negli ambiti della società, della mentalità, del costume. Eppure troviamo nella sua letteratura, soprattutto nella novellistica e nelle leggende trobadoriche, il mito -come è stato definito- della Cuccagna, dove chi più dorme più guadagna; il paese di Bengodi secondo una notissima novella del Boccaccio. Nel quale si può mangiare a crepapelle, perché vi si trova un monte di cacio grattugiato sulla cima del quale si cuociono in continuità ravioli che si gettano giù perché giungano ben conditi in pianura; nella quale scorre un fiumicel di vernaccia senza gocciol d’acqua. Mangiate finchè volete e potete; ed i migliori vestiti sono tutti disponibili sui cespugli delle strade. Ognuno è giovane, nel fiore dell’età e delle forze, e le pulsioni sessuali possono con chiunque ed ovunque essere soddisfatte. Anche le donne possono scegliere il loro partner senza remore o timori. Che pacchia!

Emanuele Luzzati, Il paese dei balocchi
Emanuele Luzzati, Il paese dei balocchi

Ma esisteva un paese del genere? No, ovviamente: era un mito consolatorio d’evasione da una realtà di povertà, fissità, diversità tra ceto e ceto, sesso e sesso. Anzi, ha scritto uno dei padri della moderna storiografia, il medievista da poco scomparso Jacques Le Goff, non un mito; ma un’utopia. Perché l’utopia non è un semplice racconto ( riferimento all’etimo greco di “mito”) : è un contromodello, che ha un aggancio mentale più consolatorio. Come si cercasse di ricostruire nella fantasia un mondo virtuale che almeno facesse evadere-virtualmente, appunto – dalla realtà quotidiana.

Le Goff in un suo saggio, da uomo attento alle modifiche della storia, ha aggiunto che modelli del genere esistono in tutte le epoche: cioè sono un portato della mente e della fantasia umana. Infatti per fare un esempio, nel Sessantotto francese ed europeo, lo slogan proibito proibire non ha questa valenza? E allora, sempre ed ovunque, ma soprattutto in un momento come questo contrassegnato dalla globalizzazione (quindi alieno dalla consolazioni localistiche) e dalla crisi, ( quindi economicamente incerto): VIVA LA CUCCAGNA!