Cartolina

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00009263-00000002Caro Burlamacco,

questo è il mese dedicato al carnevale e tu che sei nato nel 1930 e hai la stessa età di mio padre sei ormai un’istituzione per Viareggio e per i suoi carri. Sei il simbolo del Carnevale; inventato dalla matita del pittore Umberto Bonetti e a vederti bene sei un misto di tante maschere tradizionali italiane.

Guardando l’opera che fece Umberto Bonetti nel 1930 mi vengono in mente le opere pubblicitarie di Fortunato Depero. Ti è stato dato questo nome forse perchè ricordavi un po’ il personaggio di Buffalmacco nel Decamerone o forse semplicemente perchè in origine il canale del porto di Viareggio si chiamava Burlamacca.

Hai accompagnato un sacco di carri di carnevale e i primi tempi sei apparso anche vicino ad una bella ragazza di nome Ondina, che al tuo fianco ti sorrideva in costume da bagno per ricordarci quanto divertimento e svago ci fossero a Viareggio.

Condottiero di carri che ci hanno fatto ridere su tanti misfatti della nostra storia, hai raccontato la vita con ironia, come una maschera di canevale dovrebbe fare. I carri poi sono state vere opere d’arte effimera, fatte di carta pesta sempre più alti e colorati, opera di veri maestri artigiani.

Oggi, in questi strani anni in cui c’è di nuovo chi vuole censurare la satira per limitare la nostra libertà, io spero tu possa ncora portare uno sguardo satirico sulle cose del mondo, un po’ cattivello e un po’ furbetto come hai sempre fatto, facendo divertire adulti e bambini in questa festa cosi ben radicata nella nostra cultura.

Viva la cuccagna

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Il Medioevo non è stato solo quel periodo buio e repressivo che gli autori del Romanticismo hanno indicato; anzi è stata un’epoca apportatatrice di idee ed innovazioni che hanno lasciato ampie tracce nella storia dell’umanità. Ma certo con rigidi schemi di comportamento, negli ambiti della società, della mentalità, del costume. Eppure troviamo nella sua letteratura, soprattutto nella novellistica e nelle leggende trobadoriche, il mito -come è stato definito- della Cuccagna, dove chi più dorme più guadagna; il paese di Bengodi secondo una notissima novella del Boccaccio. Nel quale si può mangiare a crepapelle, perché vi si trova un monte di cacio grattugiato sulla cima del quale si cuociono in continuità ravioli che si gettano giù perché giungano ben conditi in pianura; nella quale scorre un fiumicel di vernaccia senza gocciol d’acqua. Mangiate finchè volete e potete; ed i migliori vestiti sono tutti disponibili sui cespugli delle strade. Ognuno è giovane, nel fiore dell’età e delle forze, e le pulsioni sessuali possono con chiunque ed ovunque essere soddisfatte. Anche le donne possono scegliere il loro partner senza remore o timori. Che pacchia!

Emanuele Luzzati, Il paese dei balocchi
Emanuele Luzzati, Il paese dei balocchi

Ma esisteva un paese del genere? No, ovviamente: era un mito consolatorio d’evasione da una realtà di povertà, fissità, diversità tra ceto e ceto, sesso e sesso. Anzi, ha scritto uno dei padri della moderna storiografia, il medievista da poco scomparso Jacques Le Goff, non un mito; ma un’utopia. Perché l’utopia non è un semplice racconto ( riferimento all’etimo greco di “mito”) : è un contromodello, che ha un aggancio mentale più consolatorio. Come si cercasse di ricostruire nella fantasia un mondo virtuale che almeno facesse evadere-virtualmente, appunto – dalla realtà quotidiana.

Le Goff in un suo saggio, da uomo attento alle modifiche della storia, ha aggiunto che modelli del genere esistono in tutte le epoche: cioè sono un portato della mente e della fantasia umana. Infatti per fare un esempio, nel Sessantotto francese ed europeo, lo slogan proibito proibire non ha questa valenza? E allora, sempre ed ovunque, ma soprattutto in un momento come questo contrassegnato dalla globalizzazione (quindi alieno dalla consolazioni localistiche) e dalla crisi, ( quindi economicamente incerto): VIVA LA CUCCAGNA!

Chiacchiere del lunedì

Delphine Boël, The Golden Rule blabla
Delphine Boël, The Golden Rule blabla

Furbi o bischeri?

Siamo in Toscana. Ho letto sabato scorso su La Repubblica la preparazione di una mostra fiorentina che si inaugurerà mercoledì prossimo 16 aprile a Palazzo Panciatichi dedicata ad un presunto quadro di Van Gogh dal titolo “Il fienile protestante”. Il quadro  esposto nel 2012 a Recanati aveva già suscitato non poche polemiche, perché è di attribuzione molto incerta.

Il fienile protestante opera attribuita a Van Gogh
Il fienile protestante opera attribuita a Van Gogh

Ho pensato quindi ad un aspetto che per un toscano è di pragmatica:  si tratta di furbi o di bischeri? la questione sembra ancora sub iudice; però emerge che si citano prove improbabili ( tracce di sangue, impronte, capelli dell’artista) e smentite autorevoli, anche in chiave critica. Si capisce bene che la polemica continuerà anche perché – se conferma ci fosse- il valore dell’opera sarebbe molto ingente.

Il toscano già a suo tempo scafato dalle false teste di Modigliani che coinvolsero illustri specialisti ( ma che poi fecero ridere mezzo mondo), è legittimato a chiedersi : ma si tratta di furbi ( coloro che hanno scoperto questo ignoto capolavoro) o di bischeri ( che cercano di gabellare con inidonei mezzi una crosta) ? il Medioevo fiorentino – se volgiamo restare in loco- conosceva gli uni e gli altri: i primi scrisse il Boccaccio sono quelli che hanno la “saviezza” che sanno vivere e cavarsela anche a scapito dei “pecoroni” come Calandrino. gli altri sono i membri dell’illustre famiglia dei Bischeri, che non vollero vendere al Comune le case da demolire per edificare il nuovo Duomo.Subito dopo il complesso  bruciò: ed ai Bischeri rimase un pugno di mosche. Ma anche l’attributo che ancora non onorevolmente li ricorda.