La calda estate della Marcia su Washington (28 agosto 1963)

Martin Luther King davanti alla folla radunata al Lincoln Memorial di Washington (AFP/Getty Images)
Martin Luther King davanti alla folla radunata al Lincoln Memorial di Washington (AFP/Getty Images)

Il 28 agosto del 1963, cinquant’anni fa, 250.000 persone si radunarono davanti al Lincoln Memorial di Washington per quella che venne definita la Marcia per il Lavoro e la libertà.

Qui il reverendo Martin Luther King tenne il discorso più famoso della sua carriera di attivista per i diritti umani, che è rimasto nella coscienza collettiva e ha fatto la storia dell’America contemporanea.

Quello che viene universalmente definito come « I have a dream » fu pronunciato davanti « a uno tsunami, a un’onda d’urto, a un muro, a un monumento vivente, a un mosaico umano, a un vero e proprio miracolo », secondo un testimone di eccezione, Clarence B. Jones, che quelle parole aiutò a scrivere.

Questo discorso è forse uno dei pezzi più studiati dell’intera storia dell’umanità. Esperti di comunicazione, teologi, linguisti, politici lo hanno analizzato e spesso hanno cercato di riprodurne l’effetto.

Sebbene le parole del reverendo, e nello specifico I have a dream, erano già state usate in altri contesti, in quel rovente giorno di agosto, assunsero un nuovo vigore e nuovi significati. I have a dream divenne il simbolo della lotta per i diritti umani non solo degli Afro americani, ma di tutti coloro che subivano l’ingiustizia. La lotta non violenta, portata avanti da King, da quel momento fu capace di infervorare anche quella parte di America più reazionaria e immobile, che finalmente comprese la portata storica della campagna del reverendo.

La potenza dirompente di poche semplici parole, unita alla capacità comunicativa di Martin Luther King fecero il miracolo : « I have a dream: that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: “We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal” »

Nel testo originale del discorso, che il reverendo doveva tenere davanti alla folla, queste parole non erano previste. Egli le aggiunse sul momento, come ricorda ancora una volta Clarence B. Jones, pressato dalla cantante di colore Mahalia Jackson, che urlando lo spingeva a « raccontare il suo sogno ».  Solo allora egli mise da parte i fogli che diligentemente aveva preparato e incominciò a parlare a « braccio », traducendo in parole e in tempo reale i sentimenti che quella folla impressionante davanti a lui provava.

Un discorso, quello di Martin Luther King, in fondo semplice e schietto, ma citato con tutta l’anima e il cuore.

Chissà se mentre parlava a quella folla immensa, il reverendo ebbe la consapevolezza di pronunciare parole che avrebbero fatto la storia lasciando un segno indelebile.

Autore: italianintransito

Storica per amore dei fatti, accanita lettrice per passione, scrittrice a tempo perso. Il blog è una finestra sul mondo, un modo per far sentire la propria voce da un luogo non lontano geograficamente, ma distante anni luce dal mio passato. Condivido ciò che scopro e ciò che so cercando di non perdere mai l'entusiasmo per quello che vedo.

1 commento su “La calda estate della Marcia su Washington (28 agosto 1963)”

Lascia un commento