Annoiata dalla letteratura contemporanea, che a volte si propone con arroganza e prosopopea (ma non rivelerò il nome del libro che ho appena chiuso con stizza…), ho deciso di disintossicarmi con un vecchio classico che non tutti conoscono.
Ho deciso di ri-leggere Manoscritto trovato a Saragozza, (Adelphi, 1990) per trovare conforto.
Non è un’opera « facile » anzi si potrebbe forse perdere la pazienza, ma se si sopravvive alle pagine iniziali vale la pena di portare a termine l’impresa.
Trovo che questo libro si realmente un gioiello. Il conte Jan Potocki, rampollo di un nobile famiglia polacca, lo scrisse in francese ed esso rimase praticamente sconosciuto fino al 1958 quando venne pubblicata una parte dell’opera. Vale la pena, per meglio comprenderlo, spendere due parole sull’autore. Infatti Potocki rappresenta l’incarnazione dell’erudito settecentesco. Studioso appassionato di antichità, ma allo stesso tempo avventuriero, fu un personaggio singolare e un grande viaggiatore. Frequenta i salotti parigini e fraternizza con le frange Giacobine della capitale francese, diviene consigliere privato dello zar Alessandro I di Russia, visita l’intera Europa dal Marocco fino alla Mongolia, raccoglie una vastissima esperienza che lo porta a scrivere diverse opere erudite e questo strano e originale romanzo, prima di suicidarsi nella sua tenuta in Podolia nel 1812 (anche il metodo scelto per l’ultimo atto della sua vita è eccentrico, in quanto utilizza come proiettile la pallina d’argento posta sul suo samovar, limandola fino alla grandezza necessaria per essere posta all’interno del caricatore della sua pistola…)
Manoscritto trovato a Saragozza un romanzo complesso, in cui si intrecciano diversi livelli di comprensione, inutile tentare di scriverne la trama, sarebbe come sminuire il tutto. È stato definito come uno dei maggiori esempi di « romanzo a compartimenti », tali compartimenti si innestano l’uno sull’altro a definire una struttura caleidoscopica, vero e proprio labirinto di storie, specchio delle molteplici prospettive attraverso si può guardare (o sognare) la realtà.
Romanzo che racchiude in se una molteplicità di generi: romanzo d’iniziazione, fantastico picaresco, storie di briganti e amori impossibili, saggio filosofico e romanzo nero.
Sebbene sia un romanzo del XIX secolo esso prefigura le grande inquietudini del romanticismo attraverso uno dei temi più cari quello del « doppio », la dualità, l’ambivalenza sono sovrane nelle pagine di Potocki ed emergono nel sentire collettivo dell’epoca moderna.
« La construction rigoureuse, équilibrée et cohérente, est organisée à la différence d’une juxtaposition de récits comme une architecture grandiose. Le livre se présente donc non seulement comme la somme de tous les savoirs et de tous les faits du monde, mais aussi comme la somme de tous les mondes possibles » (Thomas Barin, Quotidien des lettres, 7 juin 1989).
Da rileggere.
fantastico romanzo! e’ stato il primo libro che mi ha regalato mio marito, oramai tantissimi anni fa. ci siamo *trovati* condividendo il significato di una fantastica frase di Velasquez sull’impazienza. Galeotto il libro… siamo decisamente una coppia pesante, ma ci piacciamo cosi!