Smartphone mon amour

smartphonesHa fatto scalpore il contratto che una mamma inglese (in realtà non una semplice mamma ma una coach per genitori e famiglie e una scrittrice, giornalista e collega blogger) ha stipulato con il proprio figlio sul possesso e l’uso dell’Iphone.

Incuriosita sono andata a leggermi sul blog la sequenza di regole imposte da questa mamma al proprio figlio adolescente e ancora una volta mi sono stupita delle differenze che ognuno di noi manifesta nel parlare con i propri figli e nelle tecniche educative che sceglie di seguire.

La premessa è che io rappresento, nella quasi totalità delle mie relazioni, il tipo che agisce di «pancia» piuttosto che di «testa», mi è difficile razionalizzare e quando lo faccio è sempre l’atto finale di un lungo processo che nasce comunque da una forte emozione (questo perché discendo da una lunga sequela di «drama queens»), quindi trovarmi davanti a quello che sembra un decalogo di «regole d’oro» schematico, riassuntivo, definitivo mi turba.

Si tratta, in sostanza, di 18 norme seguendo le quali il povero Gregory (questo il nome del ragazzo) potrà conservare l’uso dell’ambito telefono che senz’altro ha lungamente sognato.

Innanzi tutto le restrizioni: il telefono va consegnato ai genitori alle 19,30 tutte le sere (verrà restituito la mattina alle 7,30) tranne nel week end quando potrà essere usato fino alle 21; il telefono non va portato a scuola.

Seguono regole tratte dal comune vivere civile e di educazione, quali spegnere il cellulare in pubblico, al cinema o al ristorante, non spedire sms, mail o dire al telefono cose che non possono essere dette a voce alta ad altre persone nella stanza.

Ci sono regole di ordine morale: non usare questa tecnologia per fare del male agli altri, per mentire, imbrogliare o ingannare un altro essere umano.

E ancora regole di (buon) comportamento come l’essere responsabile per questo oggetto di valore che se danneggiato dovrà essere riparato o sotituito a spese personali, o non farsi foto delle parti intime (!) proprie o altrui, cosa potenzialmente dannosa non solo per la vita sociale, ma anche per la futura vita scolastica e lavorativa. Su tutti questi argomenti la detta mamma mi trova assolutamente d’accordo, sebbene io preferisca comunque la comunicazione orale (martellante, quando serve) che trovo renda i concetti più chiari e sempre presenti.

Poi si trovano un certo numero di regole che possiamo definire di «vita»: non prendere milioni di foto o video perché non tutto deve essere documentato, impara a vivere senza il cellulare come estensione di te stesso, guarda il mondo stando attento e attivo per captare ciò che capita attorno a te, scarica buona musica non la porcheria che i tuoi coetanei ascoltano e ancora parla, passeggia vivi senza l’aiuto di Google.

Assolutamente condivisibile, anzi sacrosanto, inoltre, pare che la cosa funzioni.

Ma come ho già detto tutto ciò mi turba molto, non è il modo in cui ho agito con i miei figli e non lo utilizzerei. Penso che già l’aver deciso di affidare ad un adolescente un Iphone, presuppone che una grande parte di queste regole siano già conosciute e accettate (gliela vogliamo dare un po’ di fiducia a questi ragazzi ?). Mentre sono totalmente in disaccordo con quei consigli di vita che questa mamma dispensa a suo figlio, la trovo un’intrusione gratuita nella convinzione che i genitori, gli adulti siano sempre i più adeguati a dare precetti, a guidare sulla giusta strada anche quando si tratta dell’utilizzo di uno smart phone.

Io confido piuttosto nella capacità dei ragazzi di capire e discernere, e sono certa che noi genitori abbiamo il dovere di donare ai nostri figli le armi (in termini di esempi e insegnamenti, ma non di una montagna di parole), ma non ci è dato combattere le battaglie al posto loro.

Pubblicato da italianintransito

Storica per amore dei fatti, accanita lettrice per passione, scrittrice a tempo perso. Il blog è una finestra sul mondo, un modo per far sentire la propria voce da un luogo non lontano geograficamente, ma distante anni luce dal mio passato. Condivido ciò che scopro e ciò che so cercando di non perdere mai l'entusiasmo per quello che vedo.

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