
Mentre la sfiducia e il disincanto sembrano i tratti principali delle persone della mia generazione, tanti giovani in questo momento mostrano fortissima passione civile, impegnandosi con responsabilità e determinazione per migliorare il mondo in cui viviamo.
Penso a Malala, la ragazza pakistana che lotta per la libertà delle donne e per il diritto all’istruzione, e che ha ricevuto il premio Nobel per la pace, divenendo il simbolo di coloro che credono in un futuro fondato sulla giustizia e non sulla prevaricazione. Penso ai giovani studenti di Hong Kong che manifestano pacificamente e in maniera ordinata per ottenere elezioni libere, cioè l’abc della democrazia. E infine penso ai giovani volontari italiani, gli angeli del fango accorsi a Genova per spalare i detriti e aiutare chi è stato colpito dall’ennesima alluvione.
Questi esempi luminosi, ne potrei citare tanti altri, mi fanno pensare due cose: che è sbagliato vedere nero, perché c’è chi crede nel cambiare le cose, e che certi ideali di dialogo, eguaglianza e giustizia non appartengono a una sola tradizione culturale, ma sono patrimonio di un’umanità in cammino e desiderosa di difendere il proprio diritto a un futuro di pace.
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