
Due cose mi hanno fatto scegliere di parlare oggi dell’artista Marie-Rose Lortet: la sua passione per le maschere e la sua appartenenza all’Art brut, un linguaggio che mai come in questo momento è all’attenzione del pubblico e della critica.
L’art brut non è un movimento artistico, ma un modo di approcciarsi all’arte. Gli artisti da essa ispirati, infatti, non sono artisti nel senso tradizionale del termine. La definizione di Art brut, la sua scoperta e la sua messa in evidenza, si deve ad all’artista francese Jean Dubuffet che, dal dopoguerra, cominciò a nutrire un malessere per tutto ciò che si doveva considerare arte. Dubuffet, allora, per ritrovare energia e passione, si avvicinò alle opere dei bambini, dei dilettanti, o delle tante persone emarginate, spesso con problemi mentali, che nonostante la fatica delle loro vite avevano trovato rifugio nell’arte. Per essi l’arte era come una via di salvezza, assieme a un modo autentico di esprimersi. Art brut venne dunque a significare arte grezza, non trattata. Lui stesso vi si avvicinò col proprio lavoro e operò con diversi materiali; ma soprattutto collezionò molti lavori di altri artisti legati all’Art brut.

L‘art brut è un mondo particolare e faticherete persino a trovarla nei principali libri di testo dedicati all’arte contemporanea, anche se ormai è una forma di espressione autonoma che ha un suo pubblico, musei e gallerie a lei dedicate.
Marie-Rose Lortet, con le sue maschere, con la sua determinazione a fare la maglia partendo da qualsiasi materiale a sua disposizione, è senz’altro legata alla poetica dell’Art brut.
Marie-Rose Lortet nasce nel 1945 a Strasburgo, vive e lavora a Vernon in Normandia dal 1967. Fin da giovanissima ama recuperare tutto il materiale che viene scartato per cercare di intrecciarlo a maglia o di tesserlo. Il suo interesse ruota attorno al tema dei volti. Ogni maschera è un volto, che si presenta ogni giorno diverso come nel caso delle 365 maschere installate a Elbeuf, vicino a Rouen, presso la Fabrique de Savoirs. In quell’occasione ha allineato una maschera per ogni giorno dell’anno, facendole tutte con un filo bianco e della stessa misura, ma anche diverse nell’espressione.

Oltre alle maschere, Marie-Rose Lortet ha lavorato anche sul tema della finestra, che poi si è evoluto in strutture tridimensionali simili a case. Tutti questi lavori hanno in comune la leggerezza e ricordano il gesto di una mano che traccia un filo. Tutto il suo lavoro è poetico e di grande fascino. Niente la può fermare e tutto riesce a tessere e a intrecciare, anche i materiali più duri e difficili.