
L’arte provoca sempre una reazione. Quella contemporanea, poi, sa veramente accendere i sentimenti. Chi la frequenta da sempre si è trovato in mille occasioni di fronte alla rabbia dell’opinione pubblica. E non parlo di opere di per sé provocatorie; ho assistito a questo fenomeno a volte anche semplicemente perché un’opera risultava a prima vista incomprensibile. Ricordo compagni di scuola risero beffardamente quando, nella mia città, Prato, fu collocata la scultura, grazie al cielo ancora lì, di Henry Moore.

È così che mi sono incuriosita quando in libreria ho trovato un volume dal titolo Le Museé des Scandales scritto da Elea Baucheron e Daine Routex. Il libro, edito per la versione francese da Grund, nel 2013, tratta di come alcune creazioni artistiche, che hanno fatto scandalo nella storia, possono essere lette per comprendere meglio un’epoca intera. E così attraverso 70 opere della storia dell’arte, trattate in 4 aree tematiche, si tenta questa analisi. Si parte con il sacrilegio (e per questo tema Maurizio Cattelan ha ottenuto anche la copertina del libro, con l’opera La Nona ora del 1969) e col politicamente scorretto. Lo si fa analizzando l’opera di Francisco Goya Los caprichos, del 1799, fino ad arrivare a un lavoro censurato del misterioso artista della street art Blu, fatto a Los Angeles nel 2010. Un altro tema che non poteva mancare sono gli scandali sessuali – e qui Egon Schiele si ritrova vicino a Nam Goldin – seguiti dalle trasgressioni artistiche (vi si inizia con Rembrand, La ronde de nuit, 1642 fino a Mr. Brainwash con Life is beautiful). Di ogni opera trattata troverete una breve storia e scoprirete perché fu tacciata di scandalo e cosa veramente cercava di rappresentare.
La rabbia e il disappunto che può provocare un’opera sono sempre forti. Come lo è la distruzione di un’opera. Mi domando come verrà letta dalla storia futura la scellerata furia iconoclastica con cui sono state aggredite pochi giorni fa le statue del museo di Mosul: spero proprio con la stessa riprovazione di oggi. Del resto, quelle pietre trimillenarie rappresentavano un simbolo e questo era inaccettabile per gli estremisti.
Allora la frase riportata nel libro di Pablo Picasso “La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti . Ma è uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico” mi echeggia negli orecchi come una giusta e amara considerazione, proveniente dal più amato ma anche osteggiato artista del XX secolo.
Articolo interessantissimo! Al momento sto preparando proprio una tesi di laurea su tale argomento, esiste per caso una versione italiana di questo libro?
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