Consolare

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Giovanni Fattori, Acquaiole livornesi, 1865

E’ postato anche sul mio Facebook: un articolo che ho trovato dopo aver trascorso un week end con una persona molto pessimista e lamentosa. Si intitolava chi si lamenta danneggia i neuroni di chi gli sta intorno. E’ vero, ho pensato, quando diventi una signora di mezza età è molto più facile trovare amici o amiche che si lamentano, scoraggiati, pessimisti e con una carica di malumore che ti viene trasmessa. Meglio tenerli lontani e starne alla larga!

Ma poi continuavo a pensare a questo fatto e a riflettere, sino a quando mi sono imbattuta in un libro scritto da una scrittrice tedesca, Sibille Lewitschatoff, che mi ha fatto vedere le cose in modo diverso . Nel libro, intitolato come il suo  protagonista, Blumenberg, vecchio professore di filosofia, riflette con i suoi allievi sulla forza dell’immaginazione e sul suo potere di consolare. La lezione infatti trattava del bisogno di ricevere forme di consolazione dell’essere umano e , allo stesso tempo, della sua sempre maggiore incapacità di offrirne.

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Raffaello Sanzio, Incendio di Borgo, 1514

Il bisogno di consolazione è comune a tutti gli esseri umani. La consolazione-dice Blumenberg- si fonda sul fatto che gli esseri umani non devono sopportare da soli tutto ciò che accade o si presenta loro”. Secondo lui, nella storia dell’umanità siamo divenuti sempre più incapaci di consolare e questo Blumenberg se lo spiega perché “la supremazia delle cose sul mondo delle parole ci deruba dalla possibilità di elargire consolazione e recepire consolazione ”.

Per essere più chiari, la nostra spinta verso il realismo ci ha  allontanati dalla capacità di immaginazione,  privandoci così di un ampio raggio di consolazione.

Dunque troppo realismo nella nostra vita, troppa attenzione al mondo delle cose, poca magia e immaginazione, significano perdita di capacità di consolazione e di opportunità di essere consolati.

Ripensavo alla pagina condivisa su facebook: forse non dovremmo limitarci ad allontanare le persone negative e pessimiste, ma dovremmo trovare per loro e per noi una via di consolazione. Io un’idea ce l’ho: più arte per tutti.

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Pablo Picasso

Lo scandalo nell’arte

Jean-Auguste-Dominique Ingres, Le Bain turc,1862
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Le Bain turc,1862

L’arte provoca sempre una reazione. Quella contemporanea, poi, sa veramente accendere i sentimenti. Chi la frequenta da sempre si è trovato in mille occasioni di fronte alla rabbia dell’opinione pubblica. E non parlo di opere di per sé provocatorie; ho assistito a questo fenomeno a volte anche semplicemente perché un’opera risultava a prima vista incomprensibile. Ricordo compagni di scuola risero beffardamente quando, nella mia città, Prato, fu collocata la scultura, grazie al cielo ancora lì, di Henry Moore.

Henry Moore
Henry Moore

È così che mi sono incuriosita quando in libreria ho trovato un volume dal titolo Le Museé des Scandales scritto da Elea Baucheron e Daine Routex. Il libro, edito per la versione francese da Grund, nel 2013, tratta di come alcune creazioni artistiche, che hanno fatto scandalo nella storia, possono essere lette per comprendere meglio un’epoca intera. E così attraverso 70 opere della storia dell’arte, trattate in 4 aree tematiche, si tenta questa analisi. Si parte con il sacrilegio (e per questo tema Maurizio Cattelan ha ottenuto anche la copertina del libro, con l’opera La Nona ora del 1969) e col politicamente scorretto. Lo si fa analizzando l’opera di Francisco Goya Los caprichos, del 1799, fino ad arrivare a un lavoro censurato del misterioso artista della street art Blu, fatto a Los Angeles nel 2010. Un altro tema che non poteva mancare sono gli scandali sessuali – e qui Egon Schiele si ritrova vicino a Nam Goldin – seguiti dalle trasgressioni artistiche (vi si inizia con Rembrand, La ronde de nuit, 1642 fino a Mr. Brainwash con Life is beautiful). Di ogni opera trattata troverete una breve storia e scoprirete perché fu tacciata di scandalo e cosa veramente cercava di rappresentare.

9782324005657FSLa rabbia e il disappunto che può provocare un’opera sono sempre forti. Come lo è la distruzione di un’opera. Mi domando come verrà letta dalla storia futura la scellerata furia iconoclastica con cui sono state aggredite pochi giorni fa le statue del museo di Mosul: spero proprio con la stessa riprovazione di oggi. Del resto, quelle pietre trimillenarie rappresentavano un simbolo e questo era inaccettabile per gli estremisti.

Allora la frase riportata nel libro di Pablo Picasso “La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti . Ma è uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico” mi echeggia negli orecchi come una giusta e amara considerazione, proveniente dal più amato ma anche osteggiato artista del XX secolo.

Un, due, tre, stella!

1928_pablo_picasso_1050_il_gioco_della_pallaIl 28 maggio si celebrerà la Giornata mondiale del gioco. Questo evento, promosso dall’associazione internazionale delle ludoteche, ancora non è stato ufficializzato dalle Nazioni Unite, ma, come sperano gli organizzatori, entro l’anno sarà finalmente ratificato.

L’importanza del gioco, che sempre maggiormente tende ad essere uno dei meno difesi diritti dell’infanzia, è basilare. Fa parte del processo di crescita, perché svolge una funzione strutturante dell’intera personalità. Fin dalla culla infatti il bambino comincia a “giocare”, cosa che gli permette di distinguere il sé dal non sé. È il primo gradino di uno sviluppo che lentamente lo porterà alla soglia dell’età adulta.

Dapprima i giochi non strutturati, poi piano piano tutti quegli altri che implicano regole da seguire, che permettono al bambino di fare la conoscenza di un mondo altro da sè stesso, mosso da criteri ben precisi, che incomincia a percepire attraverso l’attività ludica.

Piaget affermava che il gioco è lo strumento primario per lo studio del processo cognitivo del bambino essendo esso la più spontanea attitudine del pensiero infantile. Oltre alla cognizione, il gioco stimola la socialità e la capacità di agire insieme ad altri soggetti.  Se “…l’uomo è pienamente tale solo quando gioca”, come dice Schiller, allora il diritto dei bambini al gioco è sacrosanto!

Ma cosa accade in una società così strutturata come quella attuale? Capita che i bambini si lamentino della mancanza di tempo per giocare, per dare sfogo al loro io più profondo attraverso l’azione ludica. Sembra un paradosso eppure scuola, compiti, “attività” pomeridiane (piscina, tennis, danza, piano e chi più ne ha ne metta)… non lasciano loro il tempo per dedicarsi al gioco! Preoccupati come siamo, noi genitori riempiamo le “agende” dei nostri figli affinché non rimanga loro neanche un attimo di tempo libero non codificato, non regolamentato, non osservato dagli adulti durante il quale donarsi completamente al gioco.

Ecco spero che questa giornata, per quanto solo simbolica possa riportare tutti, noi adulti e i bambini, a riaffermare l’importanza del gioco.

L’arte è una forma di lusso?

Thomas Struth, Art Institute of Chicago II
Thomas Struth, Art Institute of Chicago II

I musei sono spesso fonte di polemica. Il numero troppo basso di visitatori, sempre commisurato a costi ritenuti eccessivi, è un ragionamento sentito migliaia di volte. Questa volta però la polemica viene dalla Francia, o meglio dal Centre Pompidou di Metz, creato tra 2007 e 2009 ad opera degli architetti Shigheru Ban e Jean de Gastin. Il museo è nato come luogo d’incontro tra la cultura francese e la dimensione della creatività. Si basa sullo spirito del Centre Pompidou di Parigi e ha una sua programmazione indipendente e multidisciplinare, che talvolta si appoggiata anche alle collezioni del fratello maggiore di Parigi.

Centre Pompidou, Metz
Centre Pompidou, Metz

Nel Centro ci  sono, oltre alle sale espositive, un auditorium e un caffè. E’ circondato da giardini. L’architetto Shigheru Ban è un ricercatore, un innovatore, famoso per aver inventato “le case di cartone” . Il museo è costruito interamente in legno coperto con fibra di vetro; il concetto è quello di uno spazio espositivo che possa essere il più modulare ed elastico possibile e che concili l’ambiente esterno con gli spazi interni,  in “un rapporto sensoriale immediato con l’ambiente”.

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Pablo Picasso, Rideau de scene du Parade, 1917

Il Centro è nei pressi della stazione in modo da facilitarne la visita. Risultato: viene poco frequentato (i visitatori si sono dimezzati in tre anni)  e la sua sopravvivenza è a rischio, tanto che il ministro della cultura francese è corso ai ripari annunciando che verranno trasferite a Metz una serie di opere capolavoro dal Pompidou di Parigi ( come le scene realizzate da Picasso per il balletto Mercure, del 1917, oppure alcune opere di Mirò e Dan Flavin). Le opere parigine rimarranno in deposito per un paio di anni. Inoltre è stato assegnato un nuovo finanziamento al Centro di Metz, per 500.000 Euro.

Dunque, la lezione che sembra scaturirne è che per avere visitatori nei musei più periferici occorrono continui rinnovi e soprattutto opere famose che attirino turisti. Mi viene da pensare che questa scelta, quasi forzata, di doversi basare sempre su nomi e opere accattivanti è un po’ come scegliere una borsa firmata. Ma, si sa, il lusso costa caro e va alimentato con  molta pubblicità e giusta comunicazione.

Sylvie Fleury
Sylvie Fleury

Solo così orde di persone si accalcano per vedere una mostra nata, non da una ricerca o dal desiderio di aggiungere qualcosa alla conoscenza, ma solo per lo  scopo di essere un richiamo civetta, un evento da non perdere. Non possiamo fare a meno di domandarci quanto ripaghi in termini di cultura vera questo continuo spostamento di opere per attirare visitatori. Spostamento che crea anche usura nelle opere stesse. Ricordo una professoressa molto snob della facoltà di storia dell’arte dell’Università Firenze che, venti ani fa, aveva l’orrore dei primi  quadri pubblicizzati, per le mostre, sulle fiancate degli autobus e inferocita ci incitava a boicottarle.