
Si discute, in questi giorni, sulla capacità degli italiani di esprimere indignazione.
Riflettevo su questo e pensavo che la migliore palestra per apprendere a praticare lo sdegno potrebbe essere l’arte contemporanea.
Questa attività, infatti, da ormai più di un secolo, non manca di irritare il pubblico, provocando varie misure di risentimento. Brava, dico io, l’arte che ci tiene addestrati allo sdegno. Allora mi vengono in mente le serate futuriste, le scatole di merda d’artista del mille volte citato Piero Manzoni, oppure l’ancor più famoso Orinatoio di Marcel Duchamp o – più vicini a noi nel tempo – i video di Mattew Barney , così come le pecore vive di Menashe Kadishman. L’arte moderna e contemporanea sono un percorso utile per accrescere in noi l’indignazione.

Propongo che chi studia l’arte abbia una sezione dedicata proprio all’arte dell’indignazione, così potrebbe aiutare la società intera a praticarla. Ma poi mi domando: sarebbe sufficiente l’indignazione per cambiare le cose? Coltivandola, l’Italia migliorerebbe? Avremmo meno delusioni e meno corruzione? Ci occorre qualche altro ingrediente? All’indignazione, in verità, dovrebbe seguire il coraggio di cambiare rotta; ma per questo occorre credere che le cose potrebbero andare anche in modo diverso e dunque dovremmo abbandonare il nostro disincanto. Ed è proprio lui, il disincanto, il peggior nemico dell’indignazione. Chi può aiutarci a diminuirlo e a non dire: “tanto andrà sempre tutto allo stesso modo”? Chi può trasformare il disincanto in incanto? Rispondo a questa domanda, pensando ai quadri di Klee, alle tele di Mirò, a Licini, alle installazioni di Olafur Eliasson: la chiave ancora una volta è l’arte.
Quindi per aumentare in noi l’indignazione la mia ricetta è:
- un corso di risveglio del senso dell’indignazione attraverso le opere d’arte moderne e contemporanee;
- unito a un incontro metodico e continuo con opere d’arte che risvegliano in noi l’incanto e l’illusione.
L’attività dovrebbe essere condotta in modo sistematico, senza interruzioni, perché è logico: più si alza l’incanto più si abbasserà la disillusione e più forte sarà la nostra indignazione.