C’è un corvo nero che da due mesi viene, ogni mattina, a farsi il bagno in un sottovaso pieno d’acqua, nel mio giardino. Si lava tutto, si friziona ben bene e poi se ne va. Il mio giardino è piccolo come il palmo di una mano, dal momento che vivo in una villetta a schiera. Anche i miei vicini hanno un fazzoletto di prato. Ma qui tutti lo tengono all’inglese: nessuna erbaccia, solo erba seminata. Io no,
Cosi quando alla Triennale di Milano ho trovato un libriccino dal titolo Manifesto del terzo paesaggio di Gille Clèment, mi sono subito incuriosita. Il manifesto del Terzo paesaggio contiene l’appello dell’autore, paesaggista e scrittore di fama internazionale, a preservare tutti quegli spazi che, in città o in campagna, non vengono modificati da mani umane, ma sono invece lasciati incolti. Queste zone residue diventano territori rifugio per la diversità. E cosi leggo sul libro di Clément (e penso al mio corvo nero) “ ciò che percepisce l’uccello in volo, ciò che il nostro sguardo può abbracciare da una cima, è un tappeto intessuto di forme scure e ruvide. le foreste; e di superfici chiare, ben delimitate: i pascoli”.
Clément mi ha spiegato bene che occorre smettere di “guardare il paesaggio come l’oggetto di un’attività umana” ci sono delle parti di territorio lungo le strade, dove non passano le macchine, terreni non ancora costruiti che formano il Terzo paesaggio e che si assomigliano solo per divenire un territorio di rifugio per la diversità.
Verso la fine del libretto poi leggo un saggio di Filippo De Pieri dove si raccontano alcune scelte fatte da Gilles Clèment nel corso della sua vita. Nel 1977, scopro, ha acquistato un giardino dove ha compiuto l’esperimento di abbandonare ogni cura di giardinaggio tradizionale per lasciare che le cose abbiano il loro corso naturale e osservare cosa succede. “Il giardino-afferma Clement- è il luogo privilegiato dei cambiamenti” e può essere “lasciato libero di non rispondere a una forma fissata a priori”. È così che nasce l’idea riportata nel libro Le jardin en mouvement, che genera anche una nuova estetica del giardino. Tra l’altro, a Parigi si può visitare il parco Andrè Citroen disegnato da lui nel 1993.
“Il giardino in movimento- e qui riporto dei brani di Gilles Clément, scelti da Filippo de Pieri – ha i propri eroi: per esempio le talpe, uccise, cacciate con ogni mezzo dal giardino tradizionale, che procurano invece in un giardino in movimento preziose forme di Land art. Oppure ci sono le piante pioniere capaci di vivere in un ambiente ingrato ma che sono in effetti fragili: fuori da questo ambiente muoiono”. O ancora le piante vagabonde che muoiono in un luogo per rinascere uguali, poco dopo, a qualche metro di distanza. La tradizione esclude dal territorio del giardinaggio tutte le specie viventi animali e vegetali che sfuggono al controllo del giardiniere. Non c’è posto per gli esseri vagabondi”.
Mi piace pensare che, come le piante, anche il mio amico corvo sia un animale vagabondo che ha trovato un giardino in movimento, dove venire a sguazzare allegro. Di certo quel sottovaso non lo muoverò più.
Gilles Clèment, Manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet