
Appena ho saputo che aveva vinto il premio Nobel della letteratura ho comprato un suo libro. Ero contenta che fosse una donna, Svetlana Aleksievic, non la conoscevo. Il titolo è: Preghiera per Cernobyl.
Non sapevo cosa vi avrei trovato, non voglio mai sentire niente, prima di leggere un nuovo libro: voglio farmi un’idea da sola. È solo dopo averlo letto che vado a cercare prefazioni, biografie e quant’altro mi faccia sentire vicina all’autore.
Un libro come questo non si legge tutto d’un fiato a me ha fatto compagnia per un mese. Non riuscivo a leggerlo la sera prima di andare a letto e molto spesso rimaneva sul tavolo in attesa che trovassi il coraggio di andare avanti. Il libro è la raccolta di tante testimonianze di persone che hanno vissuto nel 1986 il disastro di Chernobyl. È la voce dei cernobyliani, quelle persone che si sentono ormai diverse dagli altri per ciò che hanno passato per quello che sono diventati.
Estranei al mondo, sono sopravvissuti ma non trovano pace e non potranno mai dimenticare.
Ogni testimonianza è uno squarcio sull’evento dell’esplosione della centrale e dei giorni successivi, su tutti gli errori commessi e sugli orrori vissuti. Pochi avevano capito la portata di quello che era accaduto e si capisce che lo stato non aveva saputo affrontare l’emergenza, anzi che si era nascosto dietro alle menzogne per evitare il panico. Tutto l’ambiente era perduto, contaminato, ma tutti rimanevano increduli.
Nel libro si descrivono le case abbandonate,lasciate all’improvviso, saccheggiate, dove sono rimasti i ricordi, le fotografie, gli animali domestici. Queste scene mi hanno fatto pensare al romanzo di Cormac Mc Carthy La strada, dove un uomo e un bambino si muovono in un mondo ormai ridotto in cenere.
Il libro di Svetlana Aleksievic fa paura, mette tanti dubbi, alla fine pensi che l’ottimismo sull’uomo, il progresso e le sue capacità sono una favola che ci raccontiamo per vivere incoscienti.
Guardo la finestra è metà novembre il freddo non accenna ad arrivare, piove poco dicono che i gas serra sono aumentati. Mi domando se ne sono davvero consapevole o se sono ancora incredula del fatto che possa davvero capitare qualcosa di irreparabile.
Nella sua prefazione Svetlana scrive: “In questo preciso istante il mondo ha 440 reattori atomici in funzione (…) un numero sufficiente a sentenziarne la fine(…) Pensavo di avere scritto del passato . Invece era il futuro”.