È meglio nell’esistenza non solo dei singoli, ma anche dei popoli, avere memoria di ciò che è accaduto nel passato o piuttosto crogiolarsi nell’oblio di se stessi e della storia? La cattiva memoria è la strada giusta per la felicità? L’oblio è la condizione ottimale per l’armonia fra i popoli? Queste sono le domande che Ishiguro, già autore di Quel che resta del giorno e Non lasciarmi, ci pone nella sua nuova fatica: Il gigante sepolto.
Il gigante del titolo non è altro che il ricordo, la memoria, che consciamente o inconsciamente può rimanere sepolto oppure può affiorare con uno sforzo immane a condizione che si sia disposti a pagare le conseguenze di ciò che è stato nel passato nel bene o nel male.
La storia di Axl e Beatrice, una coppia di anziani avvolta dalla nebbia dell’oblio, che si scoprirà essere generata dall’alito del drago Querig, è il pretesto per Ishiguro per confrontare “i dilemmi di un vincolo personale a quelli di una nazione”.
Ma se per i due anziani coniugi alla fine la speranza è quella che “Iddio saprà riconoscere il passo lento dell’amore di due vecchi uno per l’altro e comprendere come le ombre scure ne facciano parte”, gli odi razziali, transnazionali, etnici possono essere ricomposti al di fuori dell’oblio o è meglio in fondo lasciare che l’alito del drago continui a provocare la nebbia dell’indefinito?
Il libro è considerato il più “politico” di Ishiguro in quanto secondo l’autore ogni popolo ha il proprio Gigante sepolto, un passato da nascondere e dimenticare affinché la convivenza e l’armonia possano reggere .
Come sempre Ishiguro lascia aperti tutti gli interrogativi in modo che sia il lettore a decidere come andrà a finire.
È necessario poi spendere una parola sulla forma che l’autore ha voluto dare al libro. Infatti egli ha adottato la formula del fantasy che gli è costata feroci critiche, ma che tuttavia ha reso la materia narrata impalpabile come quella dei sogni o terrificante come quella degli incubi.