Libro singolare quello di Alessandro Leogrande, uscito per Feltrinelli nel novembre del 2015, intitolato La frontiera. Libro che contiene molti libri, cioè molte storie tutte legate tra loro, unico modo forse per poter raccontare il fenomeno della migrazione. Lo stile del giornalismo narrativo ben si accorda infatti con l’argomento ed offre punti di vista nuovi su argomenti che ognuno a proprio modo crede di conoscere alla perfezione. Si fa viaggiatore Leograndi tornando sui luoghi delle tragedie dei migranti, in un certo modo si fa egli stesso migrante per cercare di entrare nelle storie e riproporle nella giusta prospettiva. Storie di un’umanità dolente in viaggio per la salvezza.
La frontiera così si trova ovunque non solo sulle rotte dell’Italia o della Grecia. L’autore è riuscito a “raccogliere quante più storie riguardassero la frontiera mediterranea e il suo attraversamento, i viaggi in mare e quelli via terra, sentire chi ce l’aveva fatta, e recuperare testimonianze su quelli che non ce l’avevano fatta”. L’importante era parlare con le persone, leggere i documenti e i numeri per riportare in modo quanto più possibile veritiero la tragedia della migrazione.
E si giunge ad una verità incontestabile: “la Frontiera non è un luogo preciso, piuttosto la moltiplicazione di una serie di luoghi in perenne mutamento, che coincidono con la possibilità di finire da una parte… o rimanere nell’altra” e “chi accetta viaggi pericolosissimi in condizioni inumane, attraversando i confini che si frappongono lungo il suo sentiero, non lo fa perché votato al rischio o alla morte, ma perché scappa da condizioni ancora peggiori”.
Un libro facile da leggere, ma che lascia un segno profondo proiettandoci in prima persona nella pelle dei protagonisti.
