
Ci sono opere che mi incantano, altre che – se pur meravigliose – hanno perso fascino ai miei occhi perché troppo sfruttate dalla pubblicità, altre ancora che non sono certo classificabili come capolavori e che non appariranno mai in un importante catalogo d’asta ma che restano comunque nella mia mente perché associate a un sentimento. Spesso si tratta di opere che ho avuto in casa e con le quali sono cresciuta. Oggi, pensando al mare e alla malinconia di certi suoi stati, mi è tornata in mente una marina, dipinta dal pittore Virgilio Guidi (1891-1984).
Una marina che ritraeva la città di Venezia e più precisamente i contorni della Basilica di San Giorgio Maggiore . La luce e il colore avvolgenti, tra i toni dell’azzurro e del verde, facevano scomparire i volumi: ricordo che le forme si dissolvevano verso l’astrazione. Un’atmosfera irreale, in cui il mare e il cielo diventavano un’unica cosa, inglobando la vita, con tutto che sembrava rimanere sospeso come in un sogno o in un incubo.
Come accade nel Mediterraneo, ormai trasformato in tomba per migliaia di persone, non più azzurro e spensierato ma specchio dell’angoscia del nostro tempo.