Il rapporto dell’EURISPES sull’Italia del 2016 inizia così
L’invidia è il vizio che blocca l’Italia. Una vera e propria sindrome che l’Eurispes definisce “sindrome del Palio” che non ci permette di trasformare la nostra potenza in energia.
“L’Italia è infatti rallentata da una diffusa e radicata sindrome del Palio di Siena la cui regola principale è quella di impedire all’avversario di vincere, prima ancora di impegnarsi a vincere in prima persona. Sempre senese era l’anima nel XIII Canto che dice a Dante: «Fui molto più lieta delle sfortuna altrui che della mia fortuna».
L’invidia e la gelosia, se volte in positivo, diventano il propellente indispensabile alla crescita e allo sviluppo. Stimolano la concorrenza nel mercato privato; spingono a comportamenti più virtuosi, apprezzabili e spendibili sul piano del ruolo e dell’immagine, nel pubblico. Di fatto, nel nostro Paese ciò non accade. Invidia e gelosia si traducono in rancore e denigrazione. Odiamo e denigriamo il nostro vicino più bravo e, invece di impegnarci per raggiungere risultati migliori e superarlo in creatività, efficienza e capacità, spendiamo le nostre migliori energie per combatterlo, per mortificarne i successi, per ostacolarne o addirittura bloccarne il cammino. Insomma un vero e proprio “spreco di potenza”, una filosofia del contro invece che del per”.
L’invidia, il “vizio che non dà piacere” come asserisce il filosofo Salvatore Natoli (ripassatevi un po’ i sette peccati capitali e capirete di cosa parlo, persino l’accidia nasce da uno stato di soddisfazione), pare sia lo sport nazionale italiano. Non rattristiamoci, però, siamo in buona compagnia! Infatti uno studio portato a termine da un pool di Università spagnole sottolinea come l’invidia sia il tratto caratteristico del 30% degli individui. Cioè 3 persone su 10 provano invidia, sentimento che si traduce non nel raggiungimento di un risultato, quanto piuttosto nel bieco desiderio di primeggiare, e tuttavia l’invidioso “distrugge e impoverisce il mondo senza riuscire in alcun modo a valorizzare se stesso” (S. Natoli, Dizionario dei vizi e delle virtù, Milano, 2009, p. 65). Gli antichi romani addirittura mettevano in relazione l’invidia con il malocchio, del resto è facile comprendere questa posizione considerando l’etimologia del verbo latino, in + videre, che significa guardare con malanimo.
Ma come superare l’impasse davanti alla quale ci pone l’invidia. Forza propulsiva o vizio morale? Bernard Russell nel suo libro La conquista della felicità ci suggerisce saggiamente come risolvere la questione, indicandoci una possibile strada non solo per liberarci dell’invidia, ma anche per utilizzarla come sprone : “l’unico rimedio contro l’invidia per gli uomini e le donne comuni è la felicità… Ci si può liberare dell’invidia gustando le gioie che si trovano sul proprio cammino, svolgendo il lavoro che si deve svolgere, ed evitando di fare confronti con coloro che reputiamo, forse erroneamente, più fortunati di noi”. Una ricetta in fondo semplice, un carpe diem virtuoso insomma per spendere al meglio tempo e risorse.