È di qualche giorno fa il rifiuto sdegnoso della Commissione Archeologica Greca alla richiesta della casa di moda Gucci di ambientare una sfilata sull’Acropoli di Atene. La giustificazione ufficiale recita “il carattere culturale unico dei monumenti dell’Acropoli è incompatibile con questo genere di eventi”.
Ciò porta ad una questione insoluta che ottiene risposte di volta in volta differenti. È lecito sfruttare il patrimonio storico artistico a fini commerciali? (cosa per altro già accaduta con il Partenone, location per una sfilata di Dior nel 1951 e per diversi spot dalla Lufthansa alla Coca Cola)
Se la domanda si pone in questi termini è difficile ottenere una risposta positiva, nonostante i proventi di una tale operazione potrebbero contribuire ad alleggerire i gravi problemi economici che il paese sta attraversando.
Quindi tanto di cappello alla decisione forse impopolare della commissione.
Ma c’è un ma. Abbiamo già parlato della sottile connessione che esiste fra moda e arte nel segno della creatività e dell’unicità, che avvicina la moda alle altre dimensioni del fare cultura. Un rapporto in continua evoluzione in cui la seconda è fonte di ispirazione della prima e viceversa. In qualche modo l’arte e cultura elaborano teorie per la moda, la creano.
Credo che questo intrinseco scambio fra moda, arte e cultura renda il mercato del fashion in qualche modo “degno” di palcoscenici di questa importanza. Per tale ragione la chiusura della commissione archeologica greca mi appare “demodée”, frutto di un pensiero arcaico che pensa all’arte con la A maiuscola, fruibile da pochi eletti e tagliata fuori dal vivere quotidiano.
Che ne pensate?
PS Da bravi italiani ad Agrigento hanno preso la palla al balzo e la valle dei Templi si è proposta come valida alternativa al Partenone… siamo splendidi!
Orgoglio ma anche pregiudizio: la sfilata è stata definita volgare ma non credo che le masse di turisti sudati e sommariamente vestiti che in estate girano per l’Acropoli lo siano meno… Pecunia non olet?