Elaborazione concettuale che si applica al senso, al significato e alla funzione del cibo, ecco in poche parole la spiegazione di una performance artistico-culinaria.
Tanti artisti ci hanno pensato e tanti hanno realizzato opere tanto gustose quanto ahimé effimere, destinate ad essere consumate in un tripudio di sapori e colori. Il cibo come grande protagonista dell’arte non è un concetto nuovo, se si considera che fin dal XVII secolo le tavole venivano imbandite utilizzando sculture realizzate in marzapane o in zucchero, tuttavia oggi sempre di più la materia edibile diventa protagonista di performance artistiche.
Le torte geometriche realizzate con l’ausilio della stampante 3D di Dinara Kasako, i papillon di Tanio Liotta, il progetto Miniature Calendar dell’artista giapponese Tanaka Tatsuya, tutto riflette la cucina come arte, spettacolo e sorpresa. Le ragioni di tale successo sono probabilmente da ricercare nella nuova sensibilità del pubblico verso gli ingredienti, che sempre più si preferiscono di prima qualità e provenienti da specifiche zone di produzione. Inoltre nel Primo Mondo non essendo più la ricerca di cibo un problema primario e non essendo più esso solo espressione di cultura e tradizione il cibo diventa a tutti gli effetti un medium artistico.
Ma combinare consistenze, sapori, profumi e colori è altrettanto creativo che creare con altro materiale? Dove finisce lo chef ed inizia l’artista? Domande alle quali ognuno risponde secondo la propria sensibilità. Ma come non considerare i 30000 mucchietti di riso di Unlimited Ocean dell’artista tedesco Wolfgang Laib o le opere di Leah Foster realizzate con i muffin come semplici pile di cibo e non istallazioni artistiche che creano esperienze effimere si, ma sensuali e profonde?