
Una volta gli occhiali erano una cosa da tenere cara: si andava dall’ottico dopo aver visto l’oculista (di solito un tipo sussiegoso che la menava con i suoi strambi strumenti) e si sceglieva la montatura sapendo che doveva durare: e che diamine, mica ci si può fare un paio di occhiali all’anno. Ricordo mio nonno e mia nonna sempre coi soliti occhiali. Custodie morbide di pelle, attrezzi spesso grossi che arredavano la faccia e facevano parte d’un paesaggio emotivo interiore (e chi se lo immagina il nonno senza gli occhiali?). In montagna, vicino a casa dei miei, viveva un anziano signore che a un’età veneranda si lamentava di vederci poco. “Nemmeno con questi occhiali, ci vedo! – diceva – E pensare che appartenevano al mio povero fratello, il quale li aveva pagati carissimi!”. Oggi, tutto cambiato: montature e lenti più’ accessibili, certo, ma anche società dei consumi, hanno reso l’occhiale un accessorio, da cambiare come una borsa o delle scarpe. Ogni marchio di moda ha una linea id montature. Ogni ottico offre le cose più’ disparate. Vedo in giro pubblicità del tipo “ti facciamo uno sconto pari ai tuoi anni”. E’ l’unico caso in cui rimpiango di non avere novant’anni! Insomma. l’occhiale è stato liberato per divenire una delle mille cose del consumismo. E allora, ancora una volta, il migliore di tutti è Papa Francesco. Uno o due anni fa si è presentato da un negozio di ottico a Roma e davanti a un commesso stupito ha cosi’ parlato: “Devo cambiare le lenti, ma vorrei tenere la montatura. Sa, voglio pagare il giusto, ma non voglio spendere in superfluo”.