Si dice che quel giorno le cose non girassero come voleva lui. Martin Luther King Jr sedeva rassegnato a pronunciare un discorso grigio, in quella fine d’agosto del 1963. Un sacco di gente si era riunita a Washington, al Lincoln memorial, ma lui non trovava l’ispirazione giusta. Sembra che sia stata una frase di Mahalia Jackson (parla loro del sogno…) a fornirgliela.
Fu così che, quando uscì all’aperto, per rivolgersi a una folla enorme, il reverendo King si elevò al di sopra dei tumulti della quotidianità e della natura umana per entrare nella storia. Lo fece parlando di un sogno. Le sue parole definirono l’America e la sua aspirazione ideale all’eguaglianza, alla giustizia per tutti, con la stessa forza di altri due grandi americani: Jefferson e Lincoln. Quel giorno King divenne uno dei padri fondatori della nazione americana, come ha detto lo storico Taylor Branch. Ebbe la forza di immaginare un paese ove la speranza trionfava sulla paura che la vita sia solo hobbsiana lotta degli uni con gli altri.
Ma fece anche di più : semplicemente parlando di un sogno, King dette forma al credo politico e ideale di chiunque si opponga alla discriminazione fra esseri umani.
Sono passati cinquant’anni dalla sua morte. Chi ha a cuore un mondo migliore lo ricorda e si chiede se ci sia ancora posto per un discorso come il suo nella realtà di oggi: “Ho un sogno: che un giorno i miei quattro bambini possano vivere in una nazione ove non siano giudicati dal colore della loro pelle ma dai contenuti del loro carattere”.
Ho un sogno oggi.
Anch’io vorrei vivere in un mondo ove nessuno sia giudicato dal colore della sua pelle ma dai contenuti del suo carattere.