Buonismo

imagesChi se lo aspettava che nel nuovo millennio ci saremmo dovuti difendere da un ennesimo comportamento sociale pericoloso, denominato buonismo? Non passa giorno che, ascoltando un dibattito o leggendo un giornale, non si senta il bisogno di scaricare la propria rabbia contro chi pratica questo nuovo atteggiamento deprecabile. Il buonismo, si dice da più parti, ci porterà alla rovina. Faccio un esempio. Ci sono i campi Rom: costano troppo e occorre smantellarli. E invece no: i buonisti fanno ostracismo. Alle mense scolastiche i bambini che non pagano non mangiano! E anche qui ecco che arrivano i buonisti e si oppongono a questa decisione, in modo chiaramente irresponsabile.

Torno indietro nel tempo per vedere da dove arriva questa piaga. Ma non mi ricordo di averlo incontrato prima questo buonismo! Certo, mi ricordo che esistevano delle persone per bene, decise a tutto per il bene della comunità, qualunque essa fosse, anche se doveva essere allargata ad altre culture. Ma allora quando è sorto questo nuovo ISMO?

Fate attenzione. I sintomi di questa nuova disfunzione sociale sono: se ti senti tollerante, ripudi i toni aggressivi e violenti, vorresti che si trovasse un modo per convivere tutti in pace, vorresti che tuo figlio avesse in classe bambini di ogni tipo ed estrazione sociale e culturale, se ti senti sollevato quando viene tratta in salvo una nuova barca di immigrati che cercano di arrivare a Lampedusa, ecco allora sei uno buonista. Uno di quegli scellerati, pericolosi individui che recano danno al proprio paese.

C’è solo una cosa da augurarsi, se hai tutti i sintomi del buonismo, e cioè che tu sappia far parte di una minoranza, standotene il più in silenzio possibile. E lasciare così che il nostro paese sprofondi sereno nella barbarie.

On the road again…

Marzo ci offre l’occasione di ricordare il talento di un attore che in questo mese trent’anni fa, a causa dei suoi eccessi, perse prematuramente la vita a 33 anni, incapace di fronteggiare i propri fantasmi interiori.

Parliamo di John Belushi attore, cantante, comico di origine albanese, ma nato negli States.

Chi non ricorda Animal house, 1941 attacco a Hollywood o il capolavoro indiscusso The Blues Brothers? La pellicola è un film “on the road”, in cui i protagonisti, John Belushi e Dan Aykroyd attraversano l’America nel tentativo di rimettere insieme la vecchia band per racimolare il denaro necessario ad evitare la chiusura dell’orfanotrofio in cui sono cresciuti. Quasi un vero e proprio musical, la colonna sonora interpretata da grandi cantanti (Aretha Franklin, Ray Charles, James Brown fra gli altri) ancora ci accompagna sulle strade dei nostri viaggi.

Belushi è stato un grande comico, capace di intrattenere e divertire solo con un gesto. Gli bastava ammiccare in camera, ripetere frasi strampalate all’infinito per trasformare la situazione in un “cult”.

All’inizio degli anni ottanta contro una dilagante tendenza al “buonismo” di un certo cinema americano, la sua stella dissacratoria brillò sotto la guida di grandi registi. Belushi fu il ragazzaccio ribelle che mandava a gambe all’aria le convenzioni, colui che si faceva beffe di buon gusto e bon ton e che stroncava sul nascere il politically correct.

La critica cinematografica Emanuela Martini, a vent’anni dalla scomparsa del comico scriveva sul Sole 24 ore: “Belushi non sarebbe potuto nascere negli anni Novanta: troppo offensivo, troppo grasso, troppo disgustoso, troppo misogino, troppo brusco. Ma, forse, è come se non fosse mai morto (…) le sagome dei Blues Brothers sono un simbolo anche per i giovanissimi. Più amato di James Dean, che però era bello ed era “dannato”. Non basta essere vissuti in fretta ed essere morti giovani. È che Belushi aveva un’energia e una libertà che bastavano anche per le generazioni successive. Che forse è vero (come dicono i suoi compagni in Animal House) che la guerra è finita e l’hanno vinta gli altri (il rettore). Ma è anche vero, come urla Belushi, che la guerra finisce quando la facciamo finire noi, che sono ancora le risate a seppellire il mondo e a fare a pezzi la pellicola” (Il Sole 24 ore, 3 marzo 2002).

Abbiamo scelto una clip tratta dal film più rappresentativo del lato istrionico di Belushi The Blues Brothers, diretto da John Landis, quando finalmente i protagonisti dopo miglia e miglia di viaggio, dopo aver di nuovo riunito la mitica band finalmente approdano sul palco per la loro esibizione.