La festa comincia a tavola!

stemma accademia italiana della cucinaLa festa in Italia si celebra anche a tavola. Le festività natalizie poi sono il classico periodo di mangiate epiche, di riunioni familiari, di tradizioni culinarie che si tramandano quasi invariate in ogni famiglia. Tuttavia anche la tradizione ha dovuto fare i conti con i cambiamenti di gusto, la mancanza di tempo, la difficile reperibiltà di alcuni alimenti.

Ci viene incontro l’Accademia italiana della cucina nata per salvaguardare la tradizione culinaria del nostro paese e la “civiltà della tavola italiana che aveva (e fortunatamente ancora ha, almeno in parte) il proprio fondamento nella convivialità familiare, nel rispetto delle tradizioni, nella salvaguardia del costume gastronomico, nella conoscenza della storia, nella valutazione serena e obiettiva dei tempi che cambiano senza rinnegare né idealizzare il passato”.

Nata nel 1953 a Milano, fondata da personaggi di spicco dell’epoca, artisti, scrittori, giornalisti, industriali  (Orio Vergani – giornalista, scrittore; Luigi Bertett – presidente dell’Automobile Club d’Italia; Dino Buzzati – giornalista, scrittore, pittore; Cesare Chiodi – presidente del Touring Club Italiano; Giannino Citterio – industriale; Ernesto Donà dalle Rose – industriale; Michele Guido Franci – segretario generale della Fiera di Milano; Gianni Mazzocchi Bastoni – editore; Arnoldo Mondadori – editore; Attilio Nava – medico; Arturo Orvieto – avvocato e scrittore; Severino Pagani – scrittore e commediografo; Aldo Passante – direttore del Centro di produzione di Milano della Rai-Tv; Gian Luigi Ponti – banchiere, presidente dell’Ente Turismo di Milano; Giò Ponti – architetto; Dino Villani – giornalista, tecnico pubblicitario, pittore; Edoardo Visconti di Modrone – industriale) l’Accademia si propone di salvaguardare la cucina italiana come vero è proprio patrimonio culturale poiché “la cucina è infatti una delle espressioni più profonde della cultura di un Paese: è il frutto della storia e della vita dei suoi abitanti, diversa da regione a regione, da città a città, da villaggio a villaggio.
La cucina racconta chi siamo, riscopre le nostre radici, si evolve con noi, ci rappresenta al di là dei confini. La cultura della cucina è anche una delle forme espressive dell’ambiente che ci circonda, insieme al paesaggio, all’arte, a tutto ciò che crea partecipazione della persona in un contesto. È cultura attiva, frutto della tradizione e dell’innovazione”.

Dunque il mio regalo personale per questo Natale è quello di spronarvi a fare una visitina al sito dell’Accademia dove potrete trovare un ricchissimo data base di ricette della tradizione italiana. Chissà che non sarete invogliati quest’anno a presentare un menù diverso sulla tavola di Natale!

La sala di lettura

Roberto Barni
Roberto Barni

 

Né per mestiere, né per passione

saba… allora cos’é che spinge Vincenzo Campo, creatore nel novembre 2009 della piccola casa editrice Henry Beyle di Milano, non semplicemente a “pubblicare” ma a dare nuova vita a testi dimenticati o “sorpassati”? È lo stesso Campo che risponde dicendo “questa impresa editoriale è una storia sentimentale nella quale si cerca di realizzare un progetto in cui c’è il desiderio di fare qualcosa che sentimentalmente risulta appagante. C’è, in questo sentimento, la realizzazione di sé, non tanto nei suoi aspetti pratici quanto nella sua componente emotiva”. Che bello avere il coraggio, per amore e a dispetto delle logiche aziendali e commerciali, di stampare libri che diventano oggetti inarrivabili, in tiratura limitata, con un carattere antico come il Garamond Monotype (e sì, proprio così, di tutti i loro libri non esiste versione digitale, la stampa infatti è realizzata in monotipo), su una carta preziosa, in edizione numerata (poche centinaia di copie a titolo).

E non solo la bellezza del prodotto in sé mi apre il cuore, ma anche le scelte editoriali che si rivelano di una raffinatezza esemplare. Anche solo i nomi delle collane da loro curate sono evocativi: Piccola biblioteca degli oggetti letterari, Quaderni di prosa e di invenzione, Piccola biblioteca dei luoghi letterari, Piccola biblioteca di narrativa, Diritti – Società – Frontiere, Alfabeti (che “vuol essere un abbecedario, primo incontro con la carta stampata, un taccuino, strumento d’uso quotidiano e, con la presenza di incisioni originali, un libro d’artista, approdo del lettore divenuto bibliofilo”).

I loro autori? Saba, Buzzati, Munari, Vittorini, Perec, Pontiggia, Hesse, Carrol, Fitz Gerald, Stendhal. E proprio a Stendhal che si deve i nome della casa editrice. Infatti Monsieur Henri Beyle era il vero nome di Stendhal. Ma nel  nome della casa editrice c’è un doppio trucco. Infatti Stendhal si chiamava Henri senza y greca finale ma nel 1836 scrisse un racconto autobiografico intitolato La vita di Henry Brulard, il rimando all’autore e ad una delle creature è dunque doppia e sottile.

Un consiglio fra i tanti titoli? Provate a leggere Le polpette al pomodoro di Umberto Saba, una chicca!

Giovedì 23 ottobre apriremo al discussione sul Giovane Holden e ognuno avrà la possibilità di scrivere le proprie riflessioni. Sarà poi l’occasione di scoprire il nuovo libro che vi proponiamo per il mese di novembre. Non vediamo l’ora di leggere i vostri commenti!

Topolino… numero 3000

Topolino 3000Oggi esce in edicola il 3000esimo numero di Topolino, il settimanale dedicato ai bambini che da sempre riscuote un enorme successo soprattutto presso i “bambini vecchi” come me!

Una storia lunga quella del libretto con la costina gialla, iniziata nel formato odierno nel lontano 1949, che grazie a geniali scrittori di storyboards si è mischiata a quella del nostro paese. Il “giornaletto” che ognuno di noi ricorda è passato indenne attraverso la storia della nostra Italia non senza parodiarne i costumi culturali, ambientali e sociali. Sulla scia infatti di ciò che accadeva già negli Stati Uniti in cui nelle strisce Disneyane erano comprase le parodie soprattutto di film famosi (dal Mago di Oz al Prigioniero di Zenda), in Italia, all’inizio con Mondadori dal 1988 direttamente con la Disney Italia, ci si rivolse alle opere famose della letteratura, iniziando, neanche a dirlo, con la Divina commedia di cui apparve L’inferno di Topolino (numeri questi da collezione). Fu l’inizio di una lunghissima serie di parodie che si affiancavano a storie originali e che hanno accompagnato nel corso degli anni la crescita di generazioni di italiani, in cui gli eroi della Disney assumevano di volta in volta una nuova identità. L’elenco è lunghissimo Paperino don Chisciotte, Paperin di Tarascona, Paperino e il conte di Montecristo, Paperino e i tre moschettieri, Topolino corriere dello zar (Michele Strogoff) fino ad arrivare alle opere di Umberto Eco con Il nome della mimosa (Il nome della rosa) e il Pendolo di Ekol (Il pendolo di Foucault) e al più recente Commissario Topalbano, di cui Camilleri si è sentito fiero.

Ma non solo la letteratura è entrata nelle pagine di Topolino, anche famosi personaggi e situazioni particolari. Ricordiamo infatti un numero del 1988 in cui Paperino, “falsa vittima di tutte le ingiustizie, il conculcato, l’incompreso” (come lo definiva Buzzati), rappresentate perfetto dell’italianità più genuina, incontra addirittura Andreotti, divenuto nel fumetto l’Onorevole Papeotti, oppure quando Paperone, scaltro affarista senza scrupoli, riesce a vendere nonostante la crisi petrolifera degli anni ’70, il prezioso oro nero trasformato in fette di salame. Neanche i social network sono risparmiati Facebook diventa FaceDuck e computer e tablet sono entrati di prepotenza nelle storie a creare un mondo alternativo in cui alla fine il buono vince sempre e le migliori qualità vengono sempre premiate.

Insomma quasi un universo parallelo che ogni tanto ci fa pensare, ma che ci faccio io qui, meglio trasferirsi a Topolinia o Paperopoli… almeno ci si diverte!