Per i novant’ anni di Eugenio Scalfari la casa editrice Einaudi e le testate che il giornalista ha fondato e cui ha atteso da un’intera vita, l’Espresso e La Repubblica, hanno pubblicato la biografia di questo autore, un paio d’anni fa apparsa in apertura di un “Meridiano” contenete i sui scritti. Un racconto autobiografico, lo ha definito Scalfari; perché è lui stesso che si racconta – con stile piano ed accattivante – dipanando in oltre un centinaia di pagine la narrazione della sua lunga vita, nella quale la sua vicenda si è intrecciata, grazie al lavoro che ha fatto ed ancora svolge, con quella dell’Italia post-bellica; gli studi, le amicizie di un’intera esistenza con uomini e donne di pensiero e di azione, il giornalismo, la politica, l’economia.
È nato in una cittadina laziale e le prime pagine del libro sono dedicate alle sue ascendenze paterne e materne: già segnate da un destino, risorgimentale e post-unitario, che prefigurava una solida base familiare per gli impegni che il giovane Eugenio avrebbe affrontato, consapevole di tali maggiori. Poi il decollo verso lavori sempre più complessi, importanti, intriganti; la memoria di tutte le persone che ha incontrato ed intervistato, il contenuto rimpianto per i tanti (e famosi) amici che non ci sono più. Questa è una linea costante che pervade tutto il libro, ma che traccia come la costante d’affetti volta a descrivere un’Italia che forse a Scalfari sembra tramontata. Ma il giornalista, il cronista sempre attento all’oggi e al futuro non lo dice. Dalla lettura però emerge la consapevolezza che i tempi in cui si è formato avevano quella marcia in più che ha consentito al Paese di decollare nel difficile dopoguerra, di incamminarsi verso il boom economico, di collocarsi degnamente nel contesto Europeo, di cambiare modi di vivere, gusti, mentalità.
Un libro di non esibita, ma evidente, dignità; che costituisce una gradevole lettura di ispirazione e d’esempio.