Virtus et probitas, fides et constantia

Ho chiesto a bruciapelo a care amiche quale genere di libro avrebbero voluto leggere. Ho ricevuto tante risposte e tutte interessanti, che rispecchiavano non solo il gusto soggettivo, ma anche la personalità di coloro che mi inviavano i propri desiderata.

Una risposta su tutte però mi ha colpito molto e ho deciso di riportarla così come l’ho ricevuta: “un bel libro sull’amicizia fra donne… un’amicizia vera, di quelle che dura una vita, che anche se non ti vedi per anni sai che ci potrai sempre contare, senza gelosie e disinteressata. Un’amicizia in cui ci si manda anche a quel paese, ma sincera e pura”.

La mia riflessione parte da queste parole che esprimono un bisogno primario non solo di carattere sociale ma soprattutto di carattere umano: l’amicizia.

Zygmunt Bauman diceva: «La condizione fondamentale dell’essere umano è il rapporto con un altro essere umano. È il suo sguardo, quello di un altro essere umano, che definisce e forma noi stessi, così come non possiamo vivere senza mangiare e dormire, non possiamo comprendere quello che siamo senza lo sguardo e la risposta dell’altro». Definizione che calza a pennello sull’amore ma anche sull’amicizia, del resto i due sentimenti sono accomunati non solo dallo stretto legame etimologico.

Ma definire l’amicizia è impresa ardua. Filosofi e pensatori di ogni epoca e luogo si sono, almeno una volta nella loro carriera, cimentati nel tentativo. Mi sento di abbracciare le definizioni classiche di amicizia, in particolare quella di Cicerone e prima di lui di Aristotele. Quest’ultimo nei libri VIII e IX dell’Etica Nicomachea dà la definizione di tre tipi di amicizia: la prima un’amicizia che si basa sul piacere, propria dei giovani; una seconda che si basa sull’utilità, propria delle persone mature; e infine quella che Aristotele considera la vera e unica amicizia cioè un rapporto che si instaura fra persone virtuose alla base della quale nell’amico si riconosce una parte di sé.

Cicerone, che tutti conosciamo come oratore e animale politico, dedica un intero libretto al significato di amicizia: il Laelius de Amicitia è un trattatello in cui il Cicerone filosofo getta le basi per una condivisibile definizione di amicizia.

Innanzitutto lo stesso Cicerone afferma che trovare un amico vero è bello quanto raro, «chi (…) si mostrerà amico serio, coerente e stabile, dobbiamo considerarlo di una stirpe umana rarissima, quasi divina!» (64).  Ma l’amicizia è un bene supremo, nasce dalla virtù, dall’onestà e da «un’intesa perfetta di intenzioni, di aspirazioni e di opinioni» (15) «Nella vera amicizia (…) nulla è finto, nulla è simulato, tutto è vero e spontaneo. (…) l’amicizia deriva dalla natura più che dal bisogno, e da un’inclinazione dell’animo mista a un sentimento di amore». (27) «Indice di vera amicizia è ammonire ed essere ammoniti – e ammonire con sincerità, ma senza durezza, e accettare i rimproveri con pazienza, ma senza rancore» (91) «L’amicizia conferisce più vivo splendore al successo e allevia il peso delle avversità, condividendole e partecipandovi. L’amicizia, dunque, comporta moltissimi e grandissimi vantaggi, ma ne presenta uno nettamente superiore agli altri: alimenta buone speranze che rischiarano il futuro e non permette all’animo di deprimersi e di abbattersi. Chi guarda un vero amico, in realtà, è come se si guardasse in uno specchio. E così gli assenti diventano presenti, i poveri ricchi, i deboli forti e, quel che è più difficile a dirsi, i morti vivi; tanto intensamente ne prolunga l’esistenza il rispetto, la memoria e il rimpianto degli amici». (22-23) «Conviene inoltre scegliere una persona semplice, socievole e di sensibilità affine, cioè che reagisca alle situazioni come noi. Tutto ciò contribuisce alla fedeltà. Non può essere leale un carattere complesso e tortuoso, e neppure chi non reagisce come noi e ha una sensibilità diversa può essere leale e stabile. Bisogna poi aggiungere che l’amico non deve provar gusto nel calunniare o nel prestar fede a calunnie mosse da altri. Tutto ciò contribuisce alla coerenza. Ed ecco avverarsi la premessa del discorso: l’amicizia può esistere solo tra i virtuosi. È proprio la virtù a generare e a preservare l’amicizia e senza virtù l’amicizia è assolutamente impossibile». (65) «Infine, la dolcezza di parola e di modi, è condimento per nulla trascurabile dell’amicizia. Il cattivo umore e la continua serietà comportano sì un tono di sostenutezza, ma l’amicizia deve essere più rilassata, più libera, più dolce, più incline a ogni forma di amabilità e di cortesia» (66).

Dunque già Cicerone parlava di virtù, onestà, fedeltà e coerenza, tutti ingredienti fondamentali dell’amicizia… Alla luce di ciò chi di noi è tanto virtuoso da meritarsi un amico vero?

 

 

La filosofia della “procrastinazione strutturata”

Se su Wikipedia cerchiamo John Perry, scopriremo che dietro questo pseudonimo si cela Henry Waldgrave Stuart filosofo statunitense, professore emerito di filosofia presso l’Università di Stanford, studioso che con la sua ricerca ha dato contributi significativi ad aree della filosofia quali logica, metafisica e filosofia del linguaggio (particolarmente famoso è il suo lavoro sulle situazioni semantiche).

Al suo attivo il professor Waldgarve ha titoli quali A Dialogue on Personal Identity and Immortality oppure Dialogue on Good, Evil and the Existence of God o ancora Knowledge, Possibility and Consciousness. Tuttavia è molto probabile che l’autore non verrà ricordato dai posteri per questa produzione “seria” del suo essere filosofo, quanto piuttosto grazie ad un libretto scritto appunto sotto il suo pseudonimo che si intitola The Art of Procrastination: A Guide to Effective Dawdling, Lollygagging and Postponing (L’Arte di procrastinare: una guida al bighellonare, trastullarsi e posporre efficaci).

La teoria che il professore con grande senso dell’humour propone è quella della “procrastinazione strutturata”, che sembra una cosa molto complessa, ma che si traduce in “non fare oggi quello che puoi fare domani”. Per attuare ciò però esiste un metodo testato dallo stesso professore: infatti l’elenco dei compiti nella nostra mente è strutturato in ordine di importanza, prima le cose rilevanti poi mano mano quelle con minore urgenza. Tuttavia dedicandosi ai compiti che si trovano in basso nella lista si eviterà di fare le cose in alto, pur tuttavia conservando un certo livello di azione… in tal modo il soggetto sarà occupato agli occhi del mondo sebbene stia deliberatamente lasciando allo sbando gran parte delle priorità.

L’esempio di Waldgrave (o meglio Perry) è simpaticamente illuminante. Da professore residente in università aveva, infatti, da sbrigare una gran quantità di lavoro accademico: correggere compiti, dare voti, preparare lezioni e seminari, esaminare scartoffie di ogni genere ecc ecc. Tuttavia aveva anche la possibilità di stare a contatto ravvicinato con gli studenti stando in mezzo a loro, giocando a ping pong o ascoltandoli parlare nelle loro stanze, occupazioni queste ultime molto più piacevoli e rilassanti. Risultato: fama di eccezionale educatore e mentore, l’unico nel campus capace di stare con gli studenti e capirli a fondo…

Dunque la procrastinazione come arte, come modo di vivere e di affrontare le cose.

Una filosofia di vita? No, piuttosto un alibi che ogni tanto dovremmo adottare!

La gratiferia sbarca in Europa

Un mercatino delle pulci con verdure… dove ognuno può portare ciò di cui non ha più bisogno, in buono stato s’intende, con banchetti di fortuna o con la merce disposta su teli colorati. Ognuno si arrangia come può.

Ma cosa c’è di differente fra questo mercatino e altri simili in giro per il mondo? Qui la merce esposta è tutta gratuita, ognuno può passare e servirsi di ciò che ha bisogno (anche in questo evidentemente bisogna avere il buon gusto di non presentarsi con i camioncino e il rimorchio!). Assolutamente vietati, non solo la moneta, ma anche gli scambi e i baratti.

Nata in Agentina, quella della gratiferia non é una semplice moda dettata dai tempi difficili, ma una vera e propria filosofia. È la parte più visibile di un movimento socio politico culturale ed economico in cui, attraverso la liberazione dall’eccesso materiale, si raggiunge la felicità di tutti: « un mercato in cui nessuno si riempie le tasche, ma allo stesso tempo nessuno va via a tasche vuote » come recitano i sostenitori della gratiferia.

Ariel Rodriguez Bosio autoproclamatosi padre spirituale di questa nuova forma di fiera afferma in un video postato su YT che tale idea intende portare alla « liberazione materiale » al fine di sganciarsi « dalla oppressione del sistema economico ». Far « girare » ciò di cui non abbiamo più bisogno, ma che potrebbe servire ad altri, combattendo la tendenza ad accumulare senza sosta qualsiasi bene materiale, sul lungo periodo minimizzerebbe l’impatto ambientale che la domanda di beni e la conseguente produzione determina, e produrrebbe un beneficio anche a livello ambientale con un minore volume di rifiuti.

Il movimento si sta espandendo a macchia d’olio dal sud America è giunto negli Stati Uniti, in Canada e ultimamente è sbarcato anche nel Vecchio Continente.

Una cosa è certa, ovunque si parli di gratiferia l’accento cade sullo scambio di beni « attraverso l’amore », questi mercatini sono un luogo in cui si dona per il piacere di farlo non in attesa di una contropartita, un concetto un po’ decaduto nella nostra società.

Utopia o le cose stanno davvero cambiando?